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L’industria scrive la politica Ue sul fracking

Il gruppo di esperti che lavora agli studi di impatto del fracking in Europa è composto quasi del tutto da lobbisti delle compagnie estrattive

L'industria scrive la politica Ue sul fracking

 

(Rinnovabili.it) – Uomini provenienti dalle lobby del fracking hanno la maggioranza nel gruppo di esperti che dovrà fornire alla Commissione Europea gli studi di impatto sugli idrocarburi non convenzionali. Il panel è stato fortemente voluto da Regno unito e Polonia, due tra i Paesi che hanno fatto le più grandi concessioni alle compagnie di trivellazione, permettendo loro di iniettare sostanze chimiche fin sotto le case dei residenti.

Esistono buone ragioni, a detta degli ambientalisti, per immaginare che questo tavolo di esperti sia un cavallo di troia delle multinazionali per ottenere il via libera al fracking in tutta Europa. Queste conclusioni sono tratte da un’indagine svolta a quattro mani da Friends of the Earth e Corporate Europe Observatory e appena resa pubblica.

 

Il gruppo è guidato da cinque presidenti: due occupano ruoli dirigenziali nelle compagnie di trivellazione Cuadrilla e ConocoPhillips, due sono funzionari dei ministeri pro-fracking in UK e Polonia e l’ultimo è il direttore di IFP Energies Nouvelles, anche consulente della lobby continentale Shale Gas Europe.

I presidenti coordinano il lavoro di task force costituite in maniera sostanzialmente arbitraria. Ecco perché gli ambientalisti erano meno di 10 sulle 70 persone coinvolte nella riunione di febbraio. Ma soprattutto, la gran parte delle rimanenti 60 proveniva dall’industria.

 

L'industria scrive la politica Ue sul fracking-

 

I conflitti di interesse dentro i panel scientifici delle istituzioni europee, i cui studi vengono finanziati con denaro pubblico ma fanno il gioco dei privati, sono ormai un fatto conclamato. Il rigore delle valutazioni tecniche su cui l’esecutivo europeo basa le decisioni di policy è gravemente compromesso, sia nel settore energetico (leggi: “le lobby del carbone scrivono la direttiva sulle emissioni industriali) che in quello ambientale.

L’idea di un network per il gas da scisti è nata due anni fa in un incontro dell’ EU Joint Research Centre con i rappresentanti del settore. Nessuno si è premurato di invitare alcun rappresentante della società civile.

Proprio per questo a gennaio, l’European Ombudsman, organismo che opera da difensore civico del Parlamento europeo, ha chiesto la pubblicazione degli esperti dell’Unione nel registro di trasparenza, evidenziando «il percepibile squilibrio a favore degli interessi aziendali in alcuni gruppi e i potenziali conflitti di interesse degli esperti che partecipano titolo personale».