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Imprese energivore, quando il profitto è più importante dell’inquinamento

Il nuovo studio di CAN Europe avverte: "i settori industriali ad alta intensità energetica sono tra i più lenti a ridurre le emissioni di gas serra"

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 L’Europa coccola le imprese energivore rallentando la decarbonizzazione

(Rinnovabili.it) – Un alto numero di quote di carbonio gratuite, generosi incentivi e politiche fiscali favorevoli: in quasi tutta Europa le imprese energivore sono sostenute da trattamenti di favore. L’obiettivo è garantire la competitività del tessuto industriale ma il risultato pratico è quello di aver dato priorità al profitto piuttosto che all’ambiente. Questa l’accusa contenuta nella nuova ricerca di Climate Action Network Europe (CAN Europe), la coalizione di organizzazioni e ong europee che si occupano di questioni climatiche ed energetiche.

 

Il rapporto, dal titolo “European Fat Cats”, mostra che i settori industriali ad alta intensità energetica sono stati e sono ancora tra i più lenti, all’interno dell’Unione Europea, a ridurre le proprie emissioni di gas serra e ad investire in soluzioni di decarbonizzazione. Al contrario, questi comparti si sono mossi in maniera diametralmente opposta, beneficiando di una regolamentazione indebolita, di leve fiscali e di prezzi agevolati. Gli sforzi delle imprese energivore “per preservare questi privilegi senza eguali hanno spinto il costo della lotta ai cambiamenti climatici sul resto della società”, spiega Can Europe. Solo all’interno del sistema di scambio delle quote di emissione (ETS) dell’UE, tra il 2008 e il 2015 i governi europei hanno perso oltre 143 miliardi di euro di entrate distribuendo gratuitamente a queste realtà permessi di inquinamento. Un regalo a norma di legge che ha rallentato tuttavia i progressi ambientali fino allo scorso anno, quando le emissioni di gas serra sono tornate a crescere (leggi anche Le emissioni del mercato del carbonio in UE sono aumentate).

 

Non sono solo i lacci del mercato del carbonio comunitario a essere allentati. Gli oneri fiscali che gravano sull’industria ad alta intensità di energia sono stati notevolmente alleggeriti. Lo dimostra qui in Italia il decreto Energivori anche se l’esempio più eclatante, per l’Ong, è quello della Germania: le famiglie pagano l’elettricità quasi il doppio rispetto ai settori industriali.

 

Non solo.Il rapporto mostra come solo nel biennio tra il 2014 e il 2016, gli stati membri abbiano hanno fornito circa 15 miliardi di euro di sussidi che incoraggiano ogni anno l’uso continuo di combustibili fossili nell’industria e nelle imprese.

A ogni obiezione verso sgravi fiscali e incentivi, i governi nazionali hanno sempre risposto con una sola parola: competitività. Ma chiudere gli occhi di fronte all’inquinamento può davvero in favorire l’industria europea nella competizione globale? Secondo gli autori dello studio, oggi i costi energetici per il comparto manifatturiero comunitario sono sostanzialmente inferiori rispetto alla maggior parte dei partner commerciali dell’UE come Cina, Giappone e Russia. Se si guarda da vicino, la nostra industria ad alta intensità energetica riceve più sussidi per la sua elettricità rispetto a quelli forniti alle stesse realtà canadesi, statunitensi, cinesi, coreane e giapponesi.