Una analisi condotta da consulenti Parlamento europeo disintegra le speranze che il Ttip possa portare benefici nel settore energetico
(Rinnovabili.it) – È possibile che il Ttip, segreto e controverso accordo di libero scambio tra Stati Uniti e Unione Europea, possa influenzare i mercati europei dell’energia, la competitività delle sue imprese e il settore delle energie rinnovabili? Era questa la domanda dietro lo studio intitolato “Impatti del Ttip sui mercati energetici europei e le industrie manifatturiere”, realizzato per conto della commissione Industria del Parlamento europeo (ITRE). I negoziati, che mirano alla stipula di questo accordo fra due grandi blocchi della geopolitica globale, sono ancora in corso. Ecco perché la ricerca presenta analisi di scenario senza fornire dati. Le ipotesi, tuttavia, sono tanto funeste che i ricercatori dovrebbero proprio cambiare mestiere se dovessero rivelarsi del tutto infondate.
Da quanto emerge, pare chiaro che l’Europa, contrariamente a quanto sostenuto dai promotori, non godrà di benefici significativi in termini di sicurezza energetica. Infatti, una delle più grandi speranze della Commissione – l’arrivo di petrolio e gas statunitensi nel vecchio continente – non è così probabile. La revoca del bando alle esportazioni, in vigore negli Stati Uniti dagli anni ’70, non sarebbe all’orizzonte, secondo il rapporto.
«Prima di tutto – affermano i consulenti dell’ITRE – non prevediamo una rimozione del divieto di esportare greggio in conseguenza della costituzione di una zona di libero scambio. L’opinione pubblica negli Stati Uniti è generalmente contraria, in quanto è probabile che subirebbe un aumento del prezzo della benzina».
Ma almeno il gas, quello ottenuto con il fracking, potrà solcare l’oceano veleggiando verso lidi europei? Lo studio, in questo caso, sembra cautamente ottimista quando dichiara che «fatta eccezione per il gas liquefatto, non si prevede che il Ttip possa determinare forniture aggiuntive di energia». Tuttavia anche per quest’ultimo le stime sono ridicole. A causa dell’assenza di terminali che possano agevolare le esportazioni, la fornitura del gnl passerebbe dall’attuale miliardo di metri cubi quotidiano alla miseria di 1,1 miliardi. Per le imprese statunitensi, chiarisce lo studio, è più profittevole il mercato asiatico e pacifico, che garantisce maggiori guadagni perché i prezzi sono più alti che in Europa.
Se l’opzione A (quella dei combustibili fossili) non va in porto, almeno qualche beneficio lo avrà il mercato delle rinnovabili… Invece no. Per quanto riguarda le energie pulite, il rapporto suggerisce che il commercio delle tecnologie potrebbe essere amplificato dalla rimozione dei requisiti di contenuto locale (LCR). Si tratta di normative che prevedono l’acquisto o l’utilizzo in loco di beni prodotti in una data area geografica, in modo da favorire le imprese del posto. Con la firma di un trattato di libero scambio tutte queste attenzioni per l’economia locale andrebbero in fumo, facilitando le multinazionali che producono a basso costo, potendo far leva sugli standard ancora più bassi cui sono sottoposti i lavoratori. L’industria delle rinnovabili sarebbe dunque esposta a rischi non trascurabili, perché esistono – secondo il rapporto ITRE – preoccupazioni sui requisiti vigenti negli Stati Uniti. La ricerca suggerisce che potrebbero «potenzialmente minare il processo di normalizzazione europea».