Ricorrere all’importazione di H2 rinnovabile non è sempre l’opzione migliore rispetto alla produzione on-site a partire dalle fossili, se si considerano anche gli impatti ambientali. Le opzioni più convenienti sono H2 liquefatto e pipeline H2-ready, mentre ammoniaca, syngas e altri vettori energetici sono sempre più impattanti, su brevi e lunghe distanze
Per valutare l’impatto del trasporto dell’idrogeno, il JRC usa 16 criteri ambientali dell’Environmental Footprint
Se si considera solo l’impatto sul clima, importare idrogeno rinnovabile in Europa anche da grandi distanze è sempre la scelta migliore rispetto alla produzione domestica di H2 a partire da fonti fossili (steam methane reforming, SMR) o con elettrolisi alimentata da un mix elettrico almeno in parte coperto da fossili. Ma il quadro cambia se nell’equazione si fa entrare anche l’impatto ambientale complessivo. Quali sono le opzioni più convenienti? Dipende, moltissimo, dalle variabili come il tipo di vettore energetico e la distanza. Capire il vero impatto del trasporto dell’idrogeno, insomma, è tutt’altro che lineare.
È la valutazione che emerge dall’analisi dell’impatto del trasporto dell’idrogeno lungo l’intero ciclo di vita condotta dal Joint Research Center, il centro di ricerca in-house della Commissione UE. Un documento che, anche se preliminare, ha il merito di provare a dare una lettura complessiva e ponderata delle opzioni migliori per la creazione di un’economia dell’idrogeno intraeuropea e per la scelta di come e da dove importare H2.
Trasporto dell’idrogeno, quale opzione conviene di più?
A conti fatti, spiega il JRC, “quando fattibile, il modo meno impattante per l’ambiente di fornire idrogeno è produrlo in loco tramite abbondanti fonti rinnovabili”. Mentre importare idrogeno rinnovabile è sempre meglio di produrlo on-site a partire, in tutto o in parte, dalle fossili. Questo è il primo punto fermo. Ma soltanto se si guarda esclusivamente il bilancio emissivo. Questa opzione è in grado di abbattere di 4-9 kg di CO2 equivalente per ogni kg di idrogeno l’impronta di carbonio della produzione di idrogeno via SMR o con elettrolizzatori non alimentati solo da fonti rinnovabili.
Ma se si considera anche l’impatto ambientale, il quadro diventa subito più complicato. Basandosi sui 16 criteri che compongono la valutazione d’impatto Environmental Footprint, il metodo di riferimento in UE, produrre H2 localmente a partire dalle fossili è meglio di importare H2 rinnovabile. Per 12 delle 16 categorie, l’impatto ambientale è minore, incluso l’uso di risorse naturali come acqua, minerali e metalli, e consumo di suolo. Ma quando a questi 16 criteri viene assegnato un peso specifico per dare una valutazione complessiva – più aderente all’impatto reale – il risultato cambia ancora una volta: qualsiasi scenario di importazione di H2 rinnovabile diventa più conveniente rispetto a produrre H2 dalle fossili on-site.
Il secondo punto fermo riguarda le diverse opzioni per il trasporto dell’idrogeno. Lo scenario di riferimento scelto dal JRC prevede la fornitura di H2 a un polo industriale dai Nord Europa con una produzione localizzata in Olanda o in Portogallo. In entrambi i casi – a minore o maggiore distanza – le opzioni con il minor impatto ambientale sono il trasporto di idrogeno in forma liquida e in forma gassosa compressa attraverso gasdotti H2-ready. Mentre il ricorso ad altri vettori energetici – ammoniaca, metanolo, syngas, portatori di idrogeno organico liquido (LOHC) – sono sempre opzioni meno convenienti.
“Anche con le ipotesi più ottimistiche sull’efficienza dei processi per questi vettori chimici, le loro prestazioni ambientali potrebbero comunque essere inferiori a quelle dell’idrogeno liquido e dell’idrogeno compresso trasportati tramite condotte”, sottolinea il rapporto. E restano preferibili anche quando la valutazione integra le perdite di idrogeno lungo la catena di fornitura. Lo scenario non cambia in modo significativo se si ipotizza di importare l’idrogeno su distanze molto più lunghe, ad esempio dall’Australia.