Un nuovo studio fa chiarezza sull'adsorbimento e la diffusione di H2 puro negli rocce sotterranee dei serbatoi di gas naturale esauriti
Lo stoccaggio sotterraneo dell’idrogeno sotto la lente dei Sandia National Laboratories
Con l’avanzare dell’economia dell’idrogeno uno dei primi problemi sorti per il settore, al di là delle tecnologie produttive e delle sfide connesse, è stato l’immagazzinamento. Se non “trasformato” chimicamente in altri vettori, l’H2 gassoso richiede serbatoi appositamente progettati per resistere a pressioni elevate (350-700 bar). O in alternativa – una costosa alternativa – può essere portato ad una temperatura di -252,8 °C e conservato allo stato liquido in contenitori isolati. Ecco perché una delle soluzioni maggiormente studiate è lo stoccaggio sotterraneo dell’idrogeno sfruttando formazioni rocciose adeguate. Per la precisione caverne di sale, falde acquifere saline o giacimenti esauriti di idrocarburi.
Negli Stati Uniti gli scienziati dei Sandia National Laboratories stanno utilizzando simulazioni al computer ed esperimenti di laboratorio per determinare quali ex serbatoi di gas naturale possano essere impiegati per immagazzinare questo combustibile.
Stoccaggio geologico dell’idrogeno, quanto poco si sa
Nonostante diversi secoli di estrazione e produzione commerciale di gas e decenni di studi approfonditi sul sequestro geologico della CO2, lo stoccaggio sotterraneo dell’H2 è ancora una materia poco conosciuta. L’esperienza con elevate concentrazioni di H2 nel sottosuolo rimane limitata, la comprensione delle interazioni di questo gas con le rocce scarsa e tutte le valutazioni di carattere economico o sulla sicurezza presentano ampi margini di incertezza.
Il lavoro dei Sandia cerca di colmare almeno in parte il gap di conoscenze in materia con l’obiettivo di comprendere se l’idrogeno immagazzinato in giacimenti di gas esauriti risulti bloccato nella roccia, fuoriesca o venga contaminato. Il gruppo, guidato dall’ingegnere chimico Tuan Ho, ha utilizzato esperimenti di risonanza magnetica nucleare per studiare la risposta del idrogeno iniettato in campioni di scisto di Duvernay e arenaria di Berea.
L’arenaria è composta da granelli di minerali e rocce delle dimensioni di sabbia, che sono stati compressi nel corso di eoni. Lo scisto è creato da un processo di compressione ed è costituito da particelle ancora più piccole di minerali argillosi e grani di quarzo.
Le scoperte
Il team ha scoperto che non rimane idrogeno all’interno dell’arenaria dopo che è stato pompato fuori, mentre fino al 10% del gas adsorbito risulta bloccato all’interno del campione di scisto. Osservando più da vicino un tipo specifico di argilla comune nello scisto, Ho ha condotto simulazioni molecolari al computer delle interazioni tra gli strati di questa argilla, l’acqua e l’idrogeno, scoprendo come quest’ultimo eviti negli spazi acquosi tra gli strati minerali di questo materiale.
Non solo. Il team ha anche scoperto che il metano residuo può essere rilasciato dalla roccia quando l’H2 viene iniettato in un serbatoio di gas naturale esaurito. Ciò significa che quando l’idrogeno verrà prelevato dal sottosuolo, risulterà lievemente contaminato. “Non si tratta di un gran problema perché il gas naturale ha ancora energia, ma contiene carbonio, quindi quando questo la miscela sarà bruciata, produrrà una piccola quantità di anidride carbonica“, ha spiegato Ho. “È qualcosa di cui dobbiamo essere consapevoli”.
I risultati dell’indagine sono stati pubblicati su International Journal of Hydrogen Energy (testo in inglese).