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Il “nano” approccio di Stanford per produrre idrogeno dall’acqua

Il “nano” approccio di Stanford per produrre idrogeno dall’acqua(Rinnovabili.it) – Il sogno di produrre nel futuro a breve  termine carburanti solari a basso costo potrebbe avere una chance in più. I ricercatori della Stanford University hanno messo a punto un nuovo processo che permette di produrre idrogeno dall’acqua in maniera più stabile.

La tradizionale tecnologia di scissione delle molecole di H2O in idrogeno e ossigeno prevede di inserire un fotoelettrodo in acqua: quando la luce solare lo colpisce, questo genera una corrente che spezza il legame tra le ossigeno e idrogeno.

 

Il problema in questo processo apparentemente semplice è la sensibilità all’ossigeno dei convenzionali semiconduttori. In altre parole si corrodono velocemente. L’approccio di Stanford si è focalizzato sul vanadato di bismuto, un composto economico che possiede una elevata stabilità nei confronti dell’ossidazione. Di contro questo materiale ha un’attività fotochimica limitata dalla scarsa separazione dei portatori di carica (elettroni e lacune) che fa si che crei solo piccole quantità di energia elettrica; di conseguenza le sue prestazioni complessive – nella produzione di idrogeno – sono ben al di sotto del suo limite di efficienza teorica.

 

Per renderlo un buon conduttore di corrente, il vanadato di bismuto deve essere letteralmente affettato in sottilissime fette da 200 nanometri di spessore o anche meno, rendendolo in pratica trasparente. Ma come risultato, la luce visibile lo attraversa prima di essere trasformata in elettricità. Per risolvere il problema, i ricercatori si sono rivolti alla nanotecnologia creando microscopici schieramenti di nanoconi in silicio. “Le strutture hanno mostrato una promettente capacità di intrappolare la luce su una ampia gamma di lunghezze d’onda”, spiegano gli scienziati. “Ogni cono è perfettamente sagomato per catturare i fotoni che altrimenti passerebbero attraverso la sottile cella”. Nell’esperimento, i nanoconi sono stati depositati su una sottile pellicola di vanadato di bismuto a sua volta collegata a una cella in perovskite.

Una volta posto in acqua, gli elettrodi hanno immediatamente iniziato il processo di scissione con un’efficienza del 6,2 per cento, producendo idrogeno in maniera continuata per oltre 10 ore.

 

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