Dalle 300 case scozzesi del progetto H100 Fife, alle famiglie tedesche dell'iniziativa Wasserstoff-Insel Öhringen. L'idea di cucinare e riscaldare le abitazioni con l'idrogeno continua a fare proseliti. Ma ne vale davvero la pena?
H2 verde per il riscaldamento, più dubbi che certezze
(Rinnovabili.it) – Una decina di anni fa sarebbe sembrata solo una follia. Oggi invece l’idea di realizzare impianti di riscaldamento a idrogeno verde ha conquistato una certa fetta di pubblico e in Europea sono lentamente apparsi i primi progetti. Un’attenzione in parte meritata. L’idrogeno è, infatti, un gas che brucia in modo pulito e, producendolo internamente da acqua e rinnovabili locali, permetterebbe di affrontare due problemi in una sola volta: la necessità di decarbonizzare i nostri consumi energetici domestici e quella di liberarci del gas fossile di importazione. Ma con i primi esperimenti sul campo sono arrivate anche le prime critiche da parte di esperti industriali, scienziati e associazioni ambientaliste.
Mentre è indubbio il ruolo che tale vettore può svolgere nei settori “hard to abate”, per molti l’idea di cucinare o riscaldare le abitazioni con l’idrogeno è e sarà sempre una follia. Ma quanto c’è di vero in questa solida opposizione? È solo questione di maturità tecnologica? Cosa ci dicono i primi progetti europei? E quale ruolo utile l’idrogeno potrebbe svolgere a livello domestico?
Impiegare l’idrogeno a livello domestico
Solo pochi giorni fa Rinnovabili ha riportato la notizia della prima casa a idrogeno solare del Giappone, progetto di un gruppo immobiliare locale intenzionato a testare la bontà di elettrolisi e fuel cell su scala domestica come sistema d’accumulo dell’energia. L’iniziativa segue un trend ben preciso. Da quando il vettore H2 si è ritagliato uno spazio di primo piano nella transizione energetica, sono aumentati gli esperimenti e le soluzioni per avvicinarlo il più possibile ai consumatori residenziali, soprattutto in ambito elettrico. Ad aprire la strada è stato l’inventore Mike Strizki quando, nel 2006 convertì l’alimentazione elettrica della propria casa a Hopewell, nel New Jersey, per funzionare solo con energia solare e idrogeno. Da allora il trend si è andato intensificando e ha raggiunto anche l’Italia. Tra i diversi progetti nostrani in tema H2, c’è quello condotto dall’università del Sannio. L’Ateneo ha inaugurato lo scorso anno H-Zeb, un edificio reale alimentato ad energia fotovoltaica e geotermica, e dotato di un microcogeneratore con fuel cell a ossidi solidi. La struttura, residenza di alcuni studenti, funzionerà da laboratorio vivente per valutare l’impiego dell’idrogeno nella produzione combinata di energia elettrica e calore.
E non mancano esperimenti per portare sui tetti delle abitazioni anche la produzione del vettore. Basti pensare a Solhyd Project, sistema modulare ideato dai ricercatori dell’Università KU Leuven, in Belgio, e capace di generare H2 direttamente dall’umidità dell’aria.
Riscaldamento a idrogeno, i progetti europei
C’è poi chi è intenzionato ad usare il combustibile esclusivamente per il fabbisogno termico. Succede in Scozia, più precisamente a Fife, area amministrativa che affaccia sul mare del Nord. Qui la compagnia energetica SNG ha avviato nel 2020 H100 Fife, iniziativa sperimentale che mira a sostituire il gas naturale impiegato da 300 abitazioni per cucina e riscaldamento, con idrogeno prodotto da elettrolisi dell’acqua. Il combustibile a zero emissioni viene prodotto localmente, da un impianto di elettrolisi dedicato alimentato da una vicina turbina eolica offshore. Il progetto offre gratuitamente ai volontari caldaie, fornelli e stufe a idrogeno che saranno mantenuti dall’azienda per tutta la durata dei test. Le famiglie iscritte avrebbero dovuto iniziare a ricevere l’H2 nel 2023, per concludere il progetto a marzo 2027, ma la tabella di marcia ha registrato alcuni ritardi, soprattutto a causa della ritrosia degli abitanti ad iscriversi al programma. Per ora quindi i primi rifornimenti sono spostati al 2024.
Fa parte dei nuovi progetti di riscaldamento a idrogeno verde anche Wasserstoff-Insel Öhringen (letteralmente “Isola dell’idrogeno di Öhringen”). L’iniziativa, lanciata nel 2021, sta testando una miscela contenente il 30% di idrogeno verde nei sistemi di riscaldamento residenziali di alcune famiglie tedesche. Guidata dalla società Netze BW, l’isola ha creato nel comune di Öhringen un’area – che comprende la sede della Netze BW e circa 30 famiglie – disaccoppiata dalla rete del gas naturale.
Parallelamente si stanno facendo strada sul mercato le prime caldaie a idrogeno. Un esempio? La HYDRO Serie HW, micro-cogeneratore brevettato dalla startup italiana E. Hy. Solution S.p.A. Stando alle dichiarazioni dell’azienda l’impianto eroga una potenza di 31 kW termici ed è dotato anche di due batterie al litio per una capacità totale di 9,6 kWh
Riscaldamento a idrogeno verde, le criticità
Uno dei problemi maggiori con il riscaldamento a idrogeno è il costo. Considerando solo la versione verde del vettore, studi di settore hanno mostrato che il suo impiego nel settore termico domestico è associato a costi del sistema energetico più elevati rispetto a tecnologie alternative come pompe di calore, teleriscaldamento e solare termico. Il motivo è da ricercare nel rendimento del processo.
Nel 2021 la London Energy Transformation Initiative ha rilasciato la relazione “Hydrogen: A decarbonisation route for heat in buildings” in cui spiegava che utilizzare l’idrogeno verde per riscaldare gli edifici tramite caldaie sarebbe quasi sei volte meno efficiente dal punto di vista energetico rispetto alle pompe di calore alimentate da energia rinnovabile. E richiederebbe un aumento del 150% nella produzione di energia primaria. Nel dettaglio il lavoro sottolinea che il riscaldamento ad H2 rinnovabile avrebbe un’efficienza energetica del 46%. In confronto, le pompe di calore vantano un’efficienza energetica del 270%. In realtà con elettrolizzatori ad alta efficienza la resa si alza notevolmente ma non è comunque in grado di avvicinarsi ai valori delle pompe di calore.
Non è tutto. L’idrogeno per il riscaldamento comporta costi più elevati anche per i consumatori, comprese le spese iniziali e quelle di gestioni dell’impianto. È altamente probabile che la spesa si abbasserà nel tempo con una maggiore maturità tecnologica, ma potrebbe ugualmente non raggiungere mai la competitività con le altre soluzioni di riscaldamento.