Uno studio del PIK di Potsdam analizza la pipeline mondiale di progetti di produzione del vettore energetico con fonti di energia pulita. Il gap tra ambizioni e produzione reale è ancora enorme. Per accelerare sono necessari sussidi massicci: 1.300 miliardi di dollari per i progetti annunciati entro il 2030
Oltre 60 paesi hanno sviluppato strategie per stimolare il mercato dell’idrogeno, in particolare nel settore industriale. Tuttavia, nel 2023, meno del 10% della produzione di idrogeno verde inizialmente annunciata è stata realizzata. Più precisamente, solo il 7% della capacità di produzione annunciata per il 2023 è stata completata nei tempi previsti.
C’è un enorme divario tra ambizione e reale produzione di idrogeno verde. Abbastanza ampio da mettere in questione la traiettoria e la rapidità della transizione energetica mondiale. I calcoli li ha fatti il Potsdam Institute for Climate Impact Research (PIK) in un articolo apparso di recente su Nature Energy. Da cui emerge che il gap tra ambizione e produzione si traduce in un divario di competitività per tutti i 1232 progetti sul vettore energetico a basse emissioni annunciati nel mondo.
Perché la produzione di idrogeno verde non decolla?
Le cause di questo divario? Secondo gli autori i fattori principali sono 3:
- aumento dei costi,
- mancanza di volontà di pagare sul lato della domanda,
- incertezze sui futuri sussidi e sulla regolamentazione.
Gli unici risultati soddisfacenti arrivano dal fronte degli annunci. Il divario di ambizione del 2030 verso gli scenari di 1,5°C si è gradualmente ridotto dal 2021: la pipeline di progetti annunciata è quasi triplicata, arrivando a 422 GW in 3 anni. Ma la produzione stenta.
E per capire cosa ci riserva il futuro, il passaggio sui sussidi è cruciale. Perché senza iniezioni di denaro pubblico, e pure massicce, la produzione di idrogeno verde è destinata a restare limitata a quote ben più basse di quelle inserite nelle varie strategie sull’idrogeno.
Lo studio dà un ordine di grandezza. Realizzare tutti i progetti annunciati entro il 2030 richiederebbe sussidi globali pari a 1.300 miliardi di dollari, molto superiori ai finanziamenti pubblici attualmente annunciati.
“Per realizzare tutti i progetti sull’idrogeno annunciati entro il 2030 sarebbero necessari enormi sussidi aggiuntivi pari a circa mille miliardi di dollari USA”, spiega Falko Ueckerdt del PIK, uno dei 2 autori dello studio. “L’idrogeno verde continuerà ad avere difficoltà a soddisfare le elevate aspettative anche in futuro, a causa della mancanza di competitività”, aggiunge.
Il ruolo del carbon pricing
A fianco dei sussidi, e progressivamente in loro sostituzione, deve subentrare lo strumento del costo del carbonio (carbon pricing). Sovvenzionare in modo permanente la produzione di idrogeno verde e gli elettrocarburanti per competere con i combustibili fossili a basso costo “finirebbe probabilmente per essere proibitivo a lungo termine”, si legge nello studio. Perciò svolge un “ruolo chiave” la tassazione del carbonio, per colmare il divario di costo.
“Senza la tassazione del carbonio, la crescita dell’idrogeno verde in linea con la mediana dello scenario di 1,5°C richiede sussidi annuali che superano di gran lunga il supporto storico di solare fotovoltaico ed eolico”, sottolineano gli autori.