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Produrre idrogeno con l’energia solare, la via green senza cadmio e platino

Produrre idrogeno
Foto: Jon Reid

 

Produrre idrogeno da acqua e sole diventa ancora più verde

(Rinnovabili.it) – Stop all’impiego di minerali tossici e costosi: produrre idrogeno dall’acqua sfruttando l’energia solare può anche essere un processo economico e rispettoso dell’ambiente. A dimostrarlo sono gli scienziati della Curtin University, in Australia, creatori di una nuova tecnica di sintesi dei combustibili solari. La novità in realtà è essenzialmente nei catalizzatori usati per la reazione di scissione delle molecole d’acqua. Il team di scienziati ha trovato un’alternativa efficiente che al tempo stesso fa affidamento su materie estremamente comuni e molto più sicure: selenio, zolfo e zinco. “In precedenza, per ricavare energia dalla luce solare e trasferirla in carburanti puliti come l’idrogeno, avremmo dovuto utilizzare come catalizzatori semiconduttori a base di cadmio in combinazione con costosi metalli nobili tra cui platino, iridio e rutenio“, spiega il dott. Guohua Jia, della Scuola di Scienze molecolari presso la Curtin University e co-autore della ricerca. “Tuttavia, l’alta tossicità del cadmio e l’alto costo dei metalli nobili rappresentano un ostacolo non indifferente al loro utilizzo su larga scala”.

 

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Al contrario il gruppo ha creato minuscole strutture a partire da selenio, zolfo e zinco, materiali economici ed abbondanti; i nanocristalli risultanti possono essere impiegati come catalizzatori eco-compatibi per produrre idrogeno da acqua e sole, offrendo una nuova chance all’industria dei carburanti solari. Questi composti possono non solo essere adottati direttamente come efficienti fotocatalizzatori per l’ossidazione dell’acqua, mostrando una notevole capacità di evoluzione dell’ossigeno, ma possono anche essere utilizzati per preparare fotoanodi con un’elevata attività foto elettrochimica. Lo studio, va detto, è ancora solo all’inizio. Jia ha annunciato che la squadra sta lavorando per razionalizzare il processo e aumentare la produzione potenziale “per eventuali applicazioni industriali”. La ricerca – pubblicata in questi giorni su Advanced Materials – ha coinvolto collaborazioni multidisciplinari tra cui quella con l’University College di Londra, l’Australian National University e l’University of Western Australia.

 

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