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Come produrre idrogeno dai rifiuti alimentari in poche mosse

 Il metodo, messo a punto dagli scienziati della Purdue University, prevede la macinazione degli scarti e l’utilizzo di un bioreattore con lieviti per creare idrogeno in circa 18-24 ore

produrre idrogeno dai rifiuti
Credit: Purdue University

 

 

Idrogeno dai rifiuti, migliorata del 25 per cento l’efficienza di generazione

(Rinnovabili.it) – Gli italiani buttano in media 800 grammi di cibo a testa ogni settimana, per un valore complessivo di quasi 12 miliardi di euro persi a livelli nazionale ogni anno. Ridurre questi scarti richiede a monte una attenta gestione delle risorse. Allo stesso tempo necessita, a valle, di strumenti che possano ridurne l’impatto ambientale, trasformando eventuali sprechi in nuove opportunità. Uno di questi è al centro delle attenzioni della Purdue University, nell’Indiana, Stati Uniti. Qui, infatti, un gruppo di scienziati ha migliorato in maniera sostanziale la produzione di idrogeno dai rifiuti alimentari.

 

Fino a ieri questa modalità di generazione del vettore energetico impiegava la degradazione batterica, un processo lento e legato a complesse pre-elaborazioni fisiche, chimiche o biologiche della biomassa.

Per semplificare i passaggi e accelerare la generazione di idrogeno dai rifiuti alimentari, gli scienziati dell’ateneo statunitense hanno sostituito i batteri con i lieviti. Una modifica apparentemente piccola che ha permesso però al team di ridurre al minimo le  fasi di pre-elaborazione del materiale di scarto.

 

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“Volevamo creare un processo semplice per trasformare tutti gli sprechi alimentari in una fonte di energia pulita”, ha spiegato Robert Kramer, professore di energia e ambiente della NiSource Charitable Foundation e professore di fisica alla Purdue University Northwest. “Il nostro sistema in pratica consente a un utente di prelevare i rifiuti alimentari, macinarli, posizionarli in un reattore e utilizzare il nostro processo per creare idrogeno in circa 18-24 ore. È molto più veloce degli altri metodi impiegati sino a oggi”.

 

Kramer, che è anche direttore del Purdue Northwest Energy Efficiency and Reliability Center, ha convalidato la tecnologia utilizzando una varietà di ceppi di lievito. I primi test permettono di stimare un miglioramento dell’efficienza produttiva processo nell’ordine del 20-25 per cento rispetto al metodo che sfrutta la fermentazione batterica.

Secondo i ricercatori il nuovo procedimento potrebbe essere facilmente integrato con la tecnologia solare termica per creare una fonte di energia autonoma. Kramer ha anche sottolineato come il metodo Purdue non comporti alcun rischio di esplosione per l’idrogeno prodotto.

 

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.