Motore a idrogeno, i nuovi progressi
(Rinnovabili.it) – Quando si parla di auto a idrogeno, il più delle volte il pensiero corre ai veicoli elettrici dotati di celle a combustibile. In questi dispositivi il vettore si combina con l’ossigeno per produrre acqua ed elettricità che a sua volta alimenta il motore elettrico vero e proprio. Ma non si tratta dell’unica opzione tecnologica per sfruttare l’H2 nei trasporti. Anche i motori endotermici, con le giuste precauzioni possono adattarsi a questo combustibile.
Lo ha dimostrato prima di tutti la BMW Hydrogen 7, automobile in tiratura limitata portata in produzione dal 2006 al 2008. Della Hydrogen 7 esisterebbero solo 100 esemplari che, a causa degli elevati consumi, hanno rappresentato più una trovata di marketing che un prodotto commerciale. Ma il motore V12 da 6 litri dell’auto, alimentabile sia a benzina verde che a idrogeno, ha tracciato una prima linea a cui sono seguite diverse sperimentazioni in giro per il mondo.
L’interesse per lo sviluppo di motori a combustione interna a idrogeno è cresciuto negli ultimi anni soprattutto per i veicoli commerciali pesanti, ma qualcosa si sta muovendo anche nel campo dei veicoli leggeri. Appartiene a quest’ultimo filone il progetto curato dal Dipartimento di ricerca sulla mobilità elettrica del Korea Institute of Machinery and Materials e dallo Zero-Carbon Engine Research Lab della Hyundai-Kia Motor Company. Gli esperti di entrambe le realtà hanno collaborato per realizzare il primo motore a idrogeno a iniezione diretta da 2 litri con buone prestazioni di coppia e in grado di funzionare al 100% solo con H2. Ma per capire la portata del progetto è utile fare qualche passo indietro.
Motori a idrogeno, come funzionano?
Quando si parla di motori a idrogeno ci si riferisce ai motori a combustione interna (ICE-internal combustion engine) che convertono l’energia termica del flusso aria-idrogeno in lavoro meccanico. Da non confondere con la tecnologia propulsiva che impiega invece motori elettrici alimentati da fuel cell a idrogeno.
Il funzionamento è quello di tutti i motori endotermici a gas, di cui possiedono quasi gli stessi componenti. Ovviamente le differenze nelle proprietà fisiche dell’idrogeno influiscono sul modo in cui il carburante e l’aria vengono dosati e iniettati. L’H2 è molto più reattivo determinando creando problemi nella pre-accensione. Ecco perché per gli H2-ICE si preferiscono sistemi di iniezione diretta, che iniettano il carburante direttamente nei cilindri. In alternativa si deve riprogettare completamente il sistema.
Vantaggi e svantaggi del motore a idrogeno per auto
Quali vantaggi comporterebbe impiegare l’idrogeno nei motori a combustione interna? L’idrogeno ha un elevato numero di ottano (ossia indice della resistenza alla detonazione): un 130, contro 125 del metano e 98-85 della benzina. E vanta un elevato potere calorifico, caratteristica in grado di renderlo un carburante molto interessante per gli ICE. Non solo. Lato efficienza, i motori ad idrogeno possono arrivare ad eguagliare quella dei motori endotermici tradizionali se opportunamente ottimizzati.
Di contro esistono delle sfide pratiche che ne hanno rallentato la commercializzazione. A partire dalla necessità di mantenere l’idrogeno liquido raffreddandolo sotto i 253 gradi Celsius, per evitare che vaporizzi. Inoltre a differenza dei motori a fuel cell non si tratta di una tecnologia zero emissioni. I motori a combustione interna a idrogeno rilasciano solo tracce trascurabili di CO2 – in quantità prossime allo zero – a causa dall’aria ambientale e dell’olio lubrificante. Ma soprattutto causano la formazione di ossidi di azoto, similmente ad altri combustibili ad alta temperatura, come cherosene, benzina, diesel o gas naturale.
Le emissioni inquinanti degli H2-ICE
Poiché la combustione dell’H2 avviene in un’atmosfera contenente azoto e ossigeno, queste molecole possono reagire tra loro formano ossidi di azoto (NOx). A sua volta questi composti, rilasciati in atmosfera, possono ossidarsi in biossido di azoto, un inquinante dannoso sia per la salute umana che per quella ambientale. Si tratta infatti di un gas irritante per l’apparato respiratorio, in grado di innescare diverse patologie. E nel contempo il biossido di azoto può trasformarsi in acido nitrico, contribuendo al fenomeno delle “piogge acide”, o portare alla formazione dell’ozono fotochimico.
Tuttavia le quantità di NOx emesse dipendono dalla miscela. Se l’idrogeno brucia in presenza di molto ossigeno, si formano pochi ossidi di azoto. Quando invece brucia con rapporti aria-carburante prossimi allo stechiometrico, la quantità cresce. Ecco perché gli H2-ICE sono in genere regolati per funzionare in modo magro con un rapporto d’aria superiore. Ma anche così servono dei sistemi di trattamento delle emissioni.
40% di efficienza termica
Torniamo alla questione efficienza. Nei motori a combustione interna convenzionali ma modificati per l’impiego dell’H2, si va inevitabilmente incontro ad una minore efficienza del carburante e a prestazioni inferiori. L’idrogeno, infatti, brucia velocemente e può causare un ritorno di fiamma nel collettore e problemi di pre-accensione.
Al contrario la tecnologia a iniezione diretta permette di inviare il carburante a idrogeno direttamente nella camera di combustione evitando il ritorno di fiamma. Il gruppo di ricercatori ha impiegato un sistema di iniezione ad alte pressioni (5 MPa e 7 MPa), studiando gli effetti dei tempi di iniezione del carburante. Secondo quanto riportato in un articolo del National Research Council of Science & Technology, l’elevato rapporto di compressione, la stratificazione del carburante e la combustione ultra-magra contribuiscono a massimizzare l’efficienza termica e a migliorare le prestazioni di potenza, riducendo allo stesso tempo la quantità di emissioni nocive. Nel dettaglio il nuovo motore a idrogeno a iniezione diretta emette meno di 15 ppm di ossidi di azoto anche senza un sistema di post-trattamento dei gas di scarico. E raggiunge un’efficienza termica del 40%.
“La nuova tecnologia dei motori a idrogeno […] rappresenta una soluzione istantanea ed economica che può aiutare a sostituire i combustibili fossili”, spiega Young Choi, il principale autore della ricerca. “Attraverso la collaborazione con HMC, verificheremo la durabilità del motore ed estenderemo l’applicazione di questa tecnologia non solo ai veicoli passeggeri ma anche ai veicoli commerciali e alle unità di generazione di energia elettrica”.
La ricerca è stata pubblicata su International Journal of Hydrogen Energy (testo in inglese).
Come ridurre al minimo le emissioni di NOx dell’auto con motore a idrogeno?
Nella lista di iniziative che lavorano all’obiettivo il Southwest Research Institute, a maggio 2024, ha sviluppato un veicolo dimostrativo di Classe 8 alimentato a idrogeno con emissioni di ossidi di azoto estremamente basse. Nel dettaglio l’Istituto si è avvalso dell’esperienza di precedenti progetti per sviluppare un nuovo sistema di post-trattamento adattato specificatamente all’ambiente di scarico dell’idrogeno. In questo modo ha potuto ridurre i NOx a 0,008 g/cv-ora. Una novità assoluta nel settore.
“Volevamo che il programma si allineasse alla politica sui gas serra della Fase 3 dell’Environmental Protection Agency, quindi sapevamo che la nostra tempistica era ambiziosa“, ha spiegato Ryan Williams, manager della divisione Powertrain Engineering di SwRI e responsabile del programma. “È stata necessaria un’incredibile pianificazione da parte dei team di integrazione per garantire che la costruzione procedesse senza intoppi.”
Un ulteriore passo avanti arriva dalla ricerca degli scienziati dell’UC Riverside.
Come riportato sulla rivista Nature Communications, i ricercatori hanno scoperto che l’infusione di platino nei convertitori catalitici con zeolite Y – un materiale altamente poroso – migliora notevolmente le reazioni tra ossidi di azoto e idrogeno, convertendoli in innocuo azoto gassoso e vapore acqueo.
Rispetto a un convertitore catalitico senza zeoliti, la quantità di ossidi di azoto convertiti in sostanze innocue è aumentata da quattro a cinque volte a una temperatura del motore di 250 gradi Celsius. Il sistema è stato particolarmente efficace a temperature più basse, il che è fondamentale per ridurre l’inquinamento quando i motori si accendono per la prima volta e sono ancora relativamente freddi.
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