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Mercato dell’idrogeno, quali saranno i più grandi Paesi esportatori?

Mercato dell'idrogeno,
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Il mercato dell’idrogeno a basse emissioni, tra import ed export

(Rinnovabili.it) – Padroneggiare o meno il mercato dell’idrogeno a livello mondiale potrebbe fare la differenza per il futuro dei grandi esportatori di energia. E la corsa ai primi posti è già iniziata. Lo rivela una nuova analisi di Wood Mackenzie focalizzata su progetti e movimenti dell’H2 e su come questi possano influenzare la transizione ecologica internazionale.

Nel 2020 il mercato globale dell’energia valeva ben 2.000 miliardi di dollari, contribuendo con oltre 9 miliardi di tonnellate di anidride carbonica equivalente (CO2e) alla crisi climatica. Nello stesso anno, i primi cinque esportatori di energia – Arabia Saudita, Russia, Australia, Stati Uniti e Indonesia – hanno prodotto più della metà di tutta l’energia scambiata.

Un elemento chiave di differenziazione potrebbe essere proprio l’idrogeno a basse emissioni (H2 verde e H2 blu), il cui utilizzo aumenterà progressivamente. Da qui al 2050, la società d’analisi prevede che la richiesta aumenterà da due a sei volte. Nello scenario AET-1.5 (riscaldamento di 1,5 °C), viene stimata una domanda globale di 530 milioni di tonnellate, di cui quasi 150 milioni scambiati via mare.

Le rotte dell’idrogeno

Chi lo importerà? Soprattutto l’Asia nordorientale e l’Europa. Le due regione potrebbero catalizzare fino a 80 milioni di tonnellate commerciate via nave. Ad “imbarcarlo” saranno invece i grandi esportatori energetici di oggi e qualche new entry.

Russia, Canada, Australia e Medio Oriente, Brasile e Cile sono già alle prese con mega progetti orientati all’export. Nel fiorente mercato dell’idrogeno verde quasi il 60% delle iniziative di scambio proposte si trova in Medio Oriente e Australia, ed è rivolta ai Paesi dell’Europa e del nord-est asiatico. Secondo gli analisti, gli sviluppatori, i finanziatori e gli acquirenti saranno attratti da luoghi con una comprovata esperienza nell’esportazione di risorse naturali, condizioni adeguate per produrre elettricità rinnovabile a basso costo e un buon potenziale per la cattura del carbonio su larga scala.

“Anche se non esistono due progetti di esportazione di idrogeno uguali, la differenza più evidente nelle proposte avanzate è tra l’idrogeno blu e quello verde”, spiega Il vicepresidente di Wood Mackenzie, Gavin Thompson. “Ma dipingerlo come una scelta aut-aut è una semplificazione eccessiva”. “La maggior parte dei progetti proposti rappresentano attualmente una combinazione dei due”, aggiunge Thompson. “Un esportatore di idrogeno blu in Australia o in Medio Oriente, ad esempio, potrebbe stabilire una posizione di mercato mentre si espande nell’idrogeno verde poiché i costi diminuiscono nel tempo e la capacità diventa disponibile. I produttori potrebbero quindi costruire le loro catene di approvvigionamento di idrogeno a basse emissioni di carbonio man mano che l’H2 verde diventa più competitivo”.

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