La Corte dei Conti UE giudica “improbabile” che i Ventisette riescano a produrre 10 mln t l’anno di idrogeno rinnovabile entro fine decennio e a importarne altrettanto. Target troppo ambiziosi, una politica industriale poco coordinata, ritardi negli investimenti e sperequazione nella destinazione dei finanziamenti pubblici sono le criticità principali
L’UE ha presentato nel 2020 la sua strategia sull’idrogeno rinnovabile
Gli obiettivi UE al 2030 su produzione e import di idrogeno rinnovabile sono “eccessivamente ambiziosi” ed è “improbabile” che si riesca a rispettarli. Aspetti critici sono ancora disseminati in tutti i punti della catena del valore del vettore energetico, nonostante l’UE abbia compiuto uno sforzo importante per porre le basi di un futuro mercato dell’idrogeno. Per questo è necessario un “reality check” complessivo.
È il giudizio della Corte dei conti UE (ECA) sulla politica industriale sull’idrogeno rinnovabile. “L’UE dovrebbe decidere la via strategica da seguire verso la decarbonizzazione senza compromettere la situazione competitiva delle principali industrie dell’UE o creare nuove dipendenze strategiche”, sottolinea Stef Blok, il membro dell’ECA responsabile dell’audit pubblicato il 17 luglio.
Obiettivi “politici” per l’idrogeno rinnovabile
Quali sono i punti critici individuati dai revisori del Lussemburgo? Il principale è legato all’obiettivo comunitario per la produzione e l’import di idrogeno rinnovabile. La Commissione, nella strategia sull’idrogeno UE presentata nel 2020, prevedeva entro il 2030 una produzione di 10 milioni di tonnellate l’anno e un volume analogo di H2 importato. L’etichetta di idrogeno rinnovabile include sia quello ottenuto tramite elettrolisi alimentata da fonti rinnovabili (idrogeno verde), sia il reforming di biogas o conversione biochimica della biomassa.
L’ECA giudica troppo ambiziosi questi obiettivi perché “non basati su un’analisi solida, bensì guidati dalla volontà politica”. E i primi passi compiuti in questi anni hanno già lasciato intravedere delle profonde criticità. Su tutte, i piani nazionali sul vettore energetico dei Ventisette spesso non sono allineati con l’obiettivo comunitario, e manca una coordinazione efficace degli attori della filiera.
Investimenti tardivi
Inoltre, anche se l’UE ha definito in breve tempo il quadro normativo di riferimento, ci sono stati dei ritardi. Specialmente per trovare l’accordo su cosa rientra nella definizione di “idrogeno rinnovabile”. Questo ha causato ritardi nelle decisioni di investimento, con offerta e domanda che non decollano. Tutto ciò, inevitabilmente, allontana la probabilità di rispettare i target al 2030.
Il nodo dei finanziamenti
Un terzo punto critico riguarda i finanziamenti pubblici messi a disposizione. L’UE ha mobilitato, in tutto, tra 2021 e 2027, quasi 19 miliardi di dollari. Ma queste risorse sono spalmate su molteplici programmi e linee di finanziamento, il che rende più complesso, per l’industria, individuare quale sia il canale migliore in base al progetto in cantiere.
Inoltre, la maggior parte dei fondi finora è stata sfruttata dai paesi dove si concentra l’industria hard to abate (Germania, Spagna, Francia, Olanda). Ma questo disequilibrio non dà garanzie che si riesca a costruire l’infrastruttura necessaria per creare un vero mercato comune dell’idrogeno, collegando i paesi con buon potenziale di produzione con quelli con elevata domanda di idrogeno rinnovabile.
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