Rinnovabili

Idrogeno naturale: è davvero un’opportunità?

Idrogeno naturale
Via depositphotos.com

di Alberto Pettinau

 Giacimenti di idrogeno naturale, tra dubbi e certezze

Il potenziale impiego dell’idrogeno come vettore energetico è considerato quasi unanimemente come uno degli aspetti cardine della transizione energetica. Tuttavia, pur essendo l’idrogeno l’elemento più diffuso nell’universo, la sua molecola (H2) è estremamente instabile e in natura si trova quasi esclusivamente legata ad altri elementi, principalmente l’ossigeno (nell’acqua) e il carbonio (nel metano). La produzione di idrogeno verde, da fonti energetiche rinnovabili, risulta pertanto essere ancora piuttosto costosa: fino a 8 €/kg rispetto a circa 1 €/kg per la produzione da fonti fossili. In questo senso, nonostante i frequenti fraintendimenti, l’idrogeno non è una fonte primaria di energia, bensì un vettore, uno strumento per accumulare e ridistribuire l’energia, nonché un elemento essenziale in numerosi processi chimici.

Tuttavia, da quando, nel 2011, è stato casualmente scoperto in Mali un ampio giacimento naturale di idrogeno, la possibilità di estrarlo naturalmente alla stregua di altre fonti primarie di energia sta riscuotendo un interesse via via crescente. Interesse ulteriormente rilanciato nel 2020, a seguito della pubblicazione di uno studio dello U.S. Geological Survey. Se prima si riteneva che i giacimenti di idrogeno naturale fossero estremamente rari e il loro sfruttamento fosse irrilevante, lo studio ipotizza la possibilità che le riserve naturali di idrogeno possano essere tanto ampie da coprire, entro il prossimo secolo, almeno la metà del fabbisogno energetico del Pianeta.

Sono ancora tanti, tuttavia, i dubbi e le incertezze su una tale fonte di energia pulita.

Cosa sappiamo?

Sui meccanismi di formazione dell’idrogeno naturale si sa molto poco. La teoria più accreditata ascrive la formazione di gran parte dell’idrogeno naturale alla cosiddetta diagenesi, ovvero all’effetto di alcuni minerali ricchi di ferro (per esempio l’olivina), che in particolari condizioni comportano la scissione della molecola dell’acqua in idrogeno e ossigeno, con quest’ultimo che si lega al minerale (processo di serpentinizzazione). Un’altra teoria, non necessariamente alternativa alla prima, si basa sulla radiolisi, ovvero l’effetto della radioattività naturale della crosta terrestre nella scissione dell’acqua in idrogeno e ossigeno. In entrambi i casi, l’idrogeno rilasciato risale verso la superficie, dove si disperde in atmosfera o viene intrappolato, almeno in parte, da strati di roccia poco permeabili.

I giacimenti di idrocarburi sono considerati “fossili” in quanto la loro formazione richiede tempi variabili tra alcuni milioni e diverse centinaia di milioni di anni, tempi non paragonabili a quelli relativi al loro sfruttamento. Al contrario, la formazione dei giacimenti di idrogeno naturale si ipotizza sia estremamente rapida, con tempi di permanenza del gas in sottosuolo che vanno dai 10 ai 100 anni. L’idrogeno naturale, dunque, è da molti considerato alla stregua di una fonte pienamente rinnovabile.

Il primo esempio di sfruttamento di un giacimento naturale di idrogeno nasce da un iniziale fallimento. Nel 1987, nel corso della perforazione, in Mali, di un pozzo per acqua, si verificò un’inattesa esplosione (pare a causa di una sigaretta accesa) quando venne raggiunta la profondità di 112 m. A seguito di una serie di indagini sul territorio, si ipotizzò che la causa dell’esplosione fosse da ascrivere alla presenza di idrogeno e nel 2011 il pozzo venne riaperto e sfruttato, attraverso un piccolo impianto turbogas, per la generazione di energia elettrica destinata alla piccola comunità locale.

I risultati degli studi, pubblicati nel 2018 sulla rivista International Journal of Hydrogen Energy (Prinzhofer et al.), indicano un idrogeno estratto alla pressione di 4 bar (costante per diversi anni) e caratterizzato da un’elevatissima purezza, pari al 98% (con l’1% di azoto e l’1% di metano). Si tratta, tuttavia, di studi ancora preliminari che non permettono ancora di quantificare l’entità del giacimento.

Diversi lavori di recente pubblicazione indicano diverse aree, nel mondo, che presentano caratteristiche tali da poter potenzialmente ospitare giacimenti naturali di idrogeno. Oman, Nuova Caledonia, Turchia, Filippine, Russia, Stati Uniti (specialmente Kansas e North Carolina) e Brasile sono le aree più promettenti.

A differenza del giacimento scoperto in Mali, in cui l’idrogeno è quasi puro, in gran parte dei siti studiati (che non è detto ospitino giacimenti veri e propri) l’idrogeno naturale si trova tipicamente in miscela con altri gas, soprattutto metano, azoto ed elio, che possono raggiungere percentuali molto elevate. Aspetto questo che, a seconda delle applicazioni specifiche, richiede appositi sistemi di purificazione, complicandone il potenziale sfruttamento industriale.

Composizione della miscela di gas in molti dei siti studiati (Prinzhofer e Cacas-Stentz, 2023)

Idrogeno naturale, vantaggi e prospettive

Dei giacimenti di idrogeno naturale, è vero, si sa ancora molto poco, ma le ricerche iniziano a moltiplicarsi per via dei potenziali vantaggi attesi per questa nuova fonte di energia, qualora le stime sulla sua diffusione dovessero essere confermate. Il primo vantaggio è dato dal fatto che si tratta di una fonte pulita e, a quanto sembra, pressoché inesauribile. I rapidi processi di formazione, infatti, consentirebbero ai giacimenti di rigenerarsi mentre vengono utilizzati, permettendo uno sfruttamento continuo.

Il secondo vantaggio, ancora più importante, è di natura economica. L’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA) stima che, a livello mondiale, la produzione di idrogeno grigio (da fonti fossili) abbia un costo compreso tra 0.5 e 1.7 USD/kg (dollari statunitensi al chilogrammo), che l’idrogeno blu (sempre da fonti fossili, ma con cattura della CO2) costi 1-2 USD/kg e che l’idrogeno verde costi oggi 3-8 USD/kg, con la prospettiva di un decremento di prezzo fino a 1.3-3.5 USD/kg al 2030 e 1-3 USD/kg entro il 2050. Se le ipotesi sui giacimenti di idrogeno naturale dovessero essere confermate, la sua produzione si stima possa costare addirittura meno rispetto all’idrogeno grigio attuale, con un valore compreso tra 0.5 e 0.7 USD/kg. Le ricadute economiche sarebbero enormi.

Rimane da affrontare il problema della separazione dell’idrogeno prodotto dall’azoto e soprattutto dal metano: le tecnologie sono disponibili, ma ancora piuttosto costose.

E l’Italia?

Al momento non sono noti giacimenti di idrogeno naturale in territorio italiano. Sono note da tempo alcune zone della Penisola (situate soprattutto lungo la costa tirrenica di Toscana, Lazio e Campania) in cui si registra una leggera diffusione di idrogeno dal suolo. E in alcune zone di Alpi e Appennini ci potrebbero essere condizioni teoricamente favorevoli alla formazione di idrogeno. Ma questo non significa che siano presenti nel sottosuolo sacche di idrogeno naturale sfruttabili dal punto di vista energetico.

Tanti dubbi, poche certezze

Al momento sono ancora più i dubbi che le certezze. Si ipotizzano i meccanismi di formazione; si conoscono diverse aree del Pianeta caratterizzate da una leggera emissione naturale di idrogeno dal sottosuolo; è noto il sito in Mali, oggi l’unica area dove un giacimento naturale di idrogeno (peraltro particolarmente puro) è sfruttato ai fini energetici. Alcuni studi (primo tra tutti quello già citato dello U.S. Geological Survey) ipotizzano che i giacimenti potrebbero essere abbondanti a livello mondiale, ma nessuna esplorazione su larga scala è stata ancora avviata.

Si tratta, insomma, di una potenziale risorsa pressoché inesauribile di energia, ma oggi ancora molto lontana da uno sfruttamento su larga scala.

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