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Idrogeno: tra macroeconomia e geopolitica

L'Idrogeno segnerà un assetto di relazioni fra Stati e popoli completamente nuovo, con una diversa distribuzione di indipendenza energetica e potere

idrogeno
via depositphotos.com

di Laura Luigia Martini e Annamaria La Civita

In questi giorni di crisi profonda, determinata dall’invasione dell’Ucraina, si delineano con chiarezza le criticità associate alla dipendenza del nostro Paese dal gas russo e contestualmente si evidenzia la necessità di ripensare le strategie per l’approvvigionamento e la sostenibilità energetica. Se da un lato è auspicabile per l’Italia il raggiungimento dell’indipendenza energetica, il che comporterà tempi al momento non deterministicamente quantificabili, dall’altro vanno garantiti i fabbisogni dei consumi residenziali e industriali senza soluzione di continuità. Data per scontata l’urgenza di accelerare il processo di transizione energetica, aumentano dunque le difficoltà associate all’individuazione di un percorso ben definito per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione con metodologie tecnologicamente realistiche ed economicamente sostenibili.

È in questo scenario che si inserisce l’idrogeno, considerato sempre più strategico per implementare la decarbonizzazione. Ma perché questo elemento abbondante in natura e noto da tempo sembra essere la strada migliore per raggiungere questo obiettivo e la neutralità climatica entro il 2050?

Per avvicinarsi alla risposta nel modo corretto è necessario dare evidenza delle diverse “sfumature di colore” dell’idrogeno e delle caratteristiche dei relativi processi produttivi, le cui differenze sono sostanziali in termini di impatto sulla decarbonizzazione.

L’idrogeno cosiddetto “grigio” viene ricavato da fonti fossili, in particolare dal metano tramite il processo di Steam Reforming, producendo quantità elevate di CO2. La cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica diventano in questo caso necessarie per rendere questo idrogeno “blu”, come si suol dire, ovvero più “pulito”. Tale procedimento presenta tuttavia criticità significative relativamente alla realizzazione di tutte fasi correlate al procedimento stesso. 

L’idrogeno “verde”, d’altro canto, è completamente pulito, in quanto generato dal processo di elettrolisi senza produzione di anidride carbonica ed alimentato con energia da fonti rinnovabili. Questo vettore energetico, altamente flessibile, viene considerato l’elemento mancante nel processo di decarbonizzazione in quanto offre molteplici opportunità applicative in vari settori: dai processi industriali, soprattutto negli ambiti “hard-to-abate”, a quelli dell’energia e dei trasporti (stradale, marittimo, ferroviario e aereo).

L’idrogeno assume inoltre un ruolo centrale nella conservazione e nel trasporto dell’energia: in particolare nel caso di produzione da fonti rinnovabili, e non programmabili, potrebbe diventare uno strumento di fondamentale ottimizzazione di questi processi. La produzione di energia da eolico e fotovoltaico presenta infatti la grande sfida dell’intermittenza, che le attuali tecnologie di immagazzinamento non consentono di risolvere. L’idrogeno può essere invece prodotto e conservato onde assicurare la fornitura alla rete anche nei momenti di stasi della produzione, risolvendo dunque la sfida dell’intermittenza.

Come mai dunque il mercato dell’idrogeno si è finora sviluppato molto a rilento, nonostante le grandi potenzialità offerte e appena descritte?

La mancanza di piani di azione organici e lungimiranti a supporto dell’intera filiera dell’idrogeno hanno rallentato la diffusione di competenze e soluzioni a sostegno di una transizione economicamente e socialmente sostenibile. La vera sfida dei Governi dei vari Paesi e dell’Unione Europea è quindi l’attuazione di strumenti per il raggiungimento degli obiettivi di neutralità carbonica entro il 2050.

Si stima che entro quell’anno l’idrogeno potrebbe addirittura raggiungere il 20% della domanda globale di energia. Solo un approccio sistemico che vada al di là dei confini settoriali, regionali e nazionali potrà consentire il contributo positivo dell’idrogeno alla decarbonizzazione con regole e standard chiari e credibili, soprattutto in una fase iniziale di sviluppo del mercato in cui sarà fondamentale stabilire correttamente le priorità.

Si assiste quindi ad un processo di trasformazione, caratterizzato dallo sviluppo crescente dell’offerta di energia da fonti rinnovabili e dalla creazione di un mercato globale dell’idrogeno che avrà implicazioni geopolitiche significative. A tal proposito l’IRENA (International Renewable Energy Agency) ha recentemente pubblicato uno studio in cui si illustrano proprio i possibili scenari degli impatti geopolitici e si evidenzia l’opportunità per i vari governi di influenzare la creazione di un mercato a supporto di tale trasformazione senza le attuali limitazioni, inefficienze e disomogeneità.

L’idrogeno non viene considerato semplicemente un nuovo carburante, ma un vero elemento di discontinuità che segnerà un assetto di relazioni fra Stati e popoli completamente nuovo, con una diversa distribuzione di indipendenza energetica e potere. La mappa geopolitica presenterà con elevata probabilità ulteriori regionalizzazioni nelle relazioni energetiche, grazie alla diminuzione del costo dell’energia rinnovabile e alla possibilità di esportarla in Paesi confinanti. Allo stesso tempo, l’idrogeno ottenuto dall’utilizzo delle energie rinnovabili potrà essere trasportato a grandi distanze, grazie a nuove tecnologie che consentiranno, da un lato, di adattare gli attuali gasdotti al trasporto di idrogeno e, dall’altro, di sviluppare specifici mezzi navali per il trasporto stesso. Molto probabilmente si delineerà inoltre uno scenario con nuovi centri di potere in Paesi che potranno diventare produttori di idrogeno a basso costo, grazie alla giusta combinazione di fonti rinnovabili, spazio e accesso all’acqua e alla capacità di indirizzarsi verso centri con domanda elevata.

La redditività del mercato dell’idrogeno non sarà tuttavia paragonabile a quella attuale del mercato Oil & Gas: questo per via delle scarse barriere all’ingresso e alla presenza di numerosi produttori che genereranno un’elevata competitività. Nei Paesi che attualmente esportano fonti fossili, l’idrogeno rappresenterà quindi un’opportunità di diversificazione dell’economia, ma la sua produzione dovrà tener conto di un percorso di transizione necessario alla compensazione delle perdite derivanti dalla diminuzione della profittabilità.

Il più alto potenziale per la produzione di idrogeno verde in termini di caratteristiche geografiche sembrerebbe essere in Africa, America, Medio Oriente e Oceania. Tuttavia la reale capacità di realizzazione sarà determinata da altri fattori quali l’infrastruttura esistente, la stabilità politica ed il supporto dei governi. Inoltre, il supporto ai Paesi in via di sviluppo per l’implementazione di tecnologie legate all’idrogeno sarà fondamentale per evitare un processo di decarbonizzazione a due velocità.

La nuova mappa geopolitica legata alla produzione di idrogeno si delineerà in più fasi: nell’immediato ci si aspetta una corsa alla supremazia tecnologica e alla definizione delle regole del mercato, mentre in futuro questi asset determineranno la capacità di attrarre industrie altamente energivore e di diventare siti “verdi” di industrializzazione.

Pur delineandosi diversi scenari, il futuro dell’idrogeno resta tuttavia ancora molto incerto nel breve periodo. Ciononostante, il gruppo Fincantieri si sta già posizionando per coglierne le sfide nel processo di decarbonizzazione e transizione energetica, spaziando da iniziative di ricerca allo sviluppo di soluzioni tecnologiche e valorizzando il ricco ecosistema di partner creato nell’ultimo anno.

Fincantieri ha infatti recentemente siglato un protocollo d’intesa con ENEA con l’obiettivo di sviluppare programmi di ricerca congiunti in ambito di efficienza energetica, energia da fonti rinnovabili, celle a combustibile e idrogeno, lungo tutta la catena del valore (dalla produzione al trasporto e alla distribuzione). 

Ma l’impegno di Fincantieri sull’idrogeno va oltre la ricerca: presso lo stabilimento di Castellammare di Stabia, è stata recentemente varata ZEUS (Zero Emission Ultimate Ship), un’unità navale sperimentale a emissioni zero alimentata a fuel cell. Questo rappresenta solo il primo passo nella strategia del gruppo cantieristico verso la transizione energetica, come dimostra il recente annuncio di un protocollo d’intesa con il Gruppo MSC e SNAM al fine di studiare congiuntamente la progettazione e realizzazione della prima nave da crociera a idrogeno.