Prime promesse per far avanzare l’idrogeno italiano
(Rinnovabili.it) – Prende lentamente forma il piano per l’idrogeno italiano. Mentre grandi potenze economiche, come Francia e Germania, presentavano le proprie strategie nazionali sul vettore, il Bel paese studiava come accorciare le distanze e ritagliarsi una posizione unica nel panorama europeo. Sfruttando la sua posizione geografica, la sua vasta rete infrastrutturale e un solido know how scientifico e progettuale. A spiegare l’attenzione nazionale verso quella che molti individuano come la molecola della transizione energetica è il ministro allo Sviluppo economico, Stefano Patuanelli.
Parlando dal palco di “Trieste Next 2020“, il Festival della ricerca scientifica, Patuanelli ha definito una posizione ben precisa per il Paese. “Abbiamo le prerogative e le possibilità di essere centrali nella sfida dell’idrogeno […] Siamo stati i primi a credervi, e non dobbiamo perdere quella leadership“. Per il ministro l’idrogeno può costituire un acceleratore di ricchezza. Secondo lo studio realizzato da The European House – Ambrosetti, in collaborazione con Snam, questo combustibile pulito può garantire un impatto sul PIL compreso tra 22 e 37 miliardi di euro al 2050. E nel contempo, tramite la sua filiera, offrire oltre 540mila nuovi posti di lavoro.
“È un acceleratore democratico di ricchezza”, ha affermano Patuanelli chiamando in gioco i Paesi nel Nord Africa e l’accesso al mercato energetico internazionale. L’idea, da molti ventilata, è che venga avviata sulle sponde africane una produzione di idrogeno solare, da importare nel vecchio Continente. In questo contesto “l’Italia sarà il paese di testa, primo hub di distribuzione di quel vettore in Europa”.
D’altro canto lo Stivale può contare oggi su una rete di trasporto del gas naturale “che nessun altro paese possiede”, e che ben si presterebbe a cedere il passo all’idrogeno italiano. “È un passaggio fondamentale perché ci fornisce un vantaggio: noi abbiamo già le infrastrutture (di trasporto) e possiamo usarle […] le sperimentazioni di Snam ci mostrano che questa transizione è possibile”, ha aggiunto Patuanelli.
Ma al di là dei piani nel futuro a lungo termine, come rimanere competitivi fin da subito? “Il governo crede fortemente che l’Italia debba esserci nella partita dell’idrogeno. E per questo che stiamo predisponendo alcune progettualità e tra la manovra di bilancio di dicembre e le risorse del recovery plan non potranno esserci meno di 3 miliardi sugli IPCEI (Important projects of common european interest) per l’idrogeno […] Noi vogliamo allinearci agli obiettivi di produzione, in termini di GW installati, che altri Paesi stanno proponendo”.
Attualmente sono già diversi i progetti di interesse europeo dedicati all’H2 che coinvolgono l’Italia. Tra questi, c’è ad esempio “Blue Dolphin”, in cui rientra Fincantieri e che prevede di realizzare 50 navi passeggeri e cargo a fuel cell e le relative infrastrutture portuali.
All’intervento del ministro è seguita la firma di un nuovo accordo di cooperazione tecnologica tra Snam e A2A. Gli amministratori delegati delle due società hanno siglato un memorandum of understanding (MoU) finalizzato allo studio di progetti dedicati al celebre vettore. Nel dettaglio la collaborazione si focalizzerà, in una prima fase, su analisi e valutazione di fattibilità della conversione delle centrali termoelettriche A2A dal carbone al gas naturale, all’idrogeno o a miscele metano/idrogeno. Successivamente saranno studiate soluzioni ad hoc per il retrofit delle esistenti turbine a gas a ciclo combinato affinché possano funzionare anche con il carburante pulito o miscele H2-CH4; allo stesso tempo verranno avviate iniziative finalizzate a produzione, stoccaggio e trasporto di idrogeno da fonti rinnovabili e alla modifica delle infrastrutture di distribuzione gas di A2A al fine di renderle “hydrogen ready”.