(Rinnovabili.it) – La tecnologia alla base della fotoelettrolisi fa un salto in avanti e accorcia le distanze che ci separano da un futuro di carburanti solari producibili su larga scala. I progressi in questo campo arrivano dall’Università del Texas ad Arlington: qui un team di chimici ha sviluppato nuovi materiali ad alte prestazioni per le fuel cell solari, pile dotate di particolari elettrodi capaci di sviluppare una corrente in seguito all’assorbimento di energia luminosa.
Questi dispositivi vengono progettati soprattutto con l’obiettivo di sfruttare la luce per dividere elettricamente l’anidride carbonica e l’acqua in combustibili utilizzabili come metanolo e idrogeno. “Le tecnologie che ci permettono contemporaneamente di rimuovere i gas ad effetto serra mentre sfruttano e immagazzinano l’energia solare sono in prima linea nella ricerca attuale”, ha commentato Krishnan Rajeshwar, professore di chimica e biochimica e co-fondatore del centro energia rinnovabile dell’Università.
La chiave del progetto texano un materiale ibrido composto da una rete di nano tubi in carboni molto lunghi, la cui superficie è rivestita da uno strato omogeneo di minuscoli cristalli in ossido di rame. Il composto creato svolge due ruoli fondamentali all’interno della fuel cell solare: possiede un’elevata conducibilità elettrica legata alla nano struttura in carbonio e possiede tutte le qualità richieste al fotoanodo (l’elettrodo su cui avviene la reazione di ossidazione). Il risultato, spiegano i chimici, è una conversione efficiente dei raggi luminosi in una corrente elettrica necessaria per il processo di riduzione fotoelettrochimica.
“Le prestazioni del nostro composto si sono rivelate di gran lunga superiori alle proprietà dei singoli materiali”, ha spiegato Rajeshwar. “Queste nuove pellicole ibride dimostrano una conducibilità elettrica cinque volte superiore rispetto alle loro controparti in ossido di rame, e generare un aumento di tre volte nelle fotocorrenti necessarie per il processo di riduzione”. La squadra sta ora progettando un “reattore elettrochimico microfluidico” su piccola scala per testare l’efficienza di un sistema che recuperi l’ossigeno dall’anidride carbonica estratta dall’aria. Il prototipo sarà realizzato nei prossimi mesi presso il Centro per le energie rinnovabili dell’ateneo.