Addio membrano e terre rare, c’è l’elettrolisi a doppio stadio
(Rinnovabili.it) – E se riuscissimo a rendere la produzione di idrogeno verde ancora più semplice, sicura ed efficiente? Sull’obiettivo sta lavorando anche il KTH Royal Institute of Technology di Stoccolma, che presenta oggi un nuovo progresso verso la meta. Il ricercatore Esteban Toledo, il professore Joydeep Dutta e alcuni colleghi hanno messo a punto una nuova elettrolisi a doppio stadio che produce ossigeno e idrogeno separatamente. Nel campo delle tecnologie dell’H2 verde questa separazione sia fisica che temporale ha una duplice importanza: rende il processo e i prodotti più semplici da gestire ed elimina il rischio di una diffusione incontrollata dei gas.
Tecnologie d’elettrolisi: vantaggi e svantaggi
Per ottenere questo risultato i ricercatori hanno modificato la struttura delle convenzionali celle d’elettrolisi, ottenendo un dispositivo ibrido che fa a meno di alcuni componenti ritenuti fino a ieri essenziali.
Attualmente esistono quattro principali tecnologie di elettrolisi dell’acqua utilizzate a livello globale: l’elettrolizzatore alcalino, la tecnologia più diffusa al momento che tuttavia opera a basse densità di corrente e che riesce ad ottenere una purezza dell’idrogeno limitata; l’elettrolizzatore a membrana a scambio protonico (PEM), che offre una velocità di produzione più elevata e un design compatto, ma richiede metalli preziosi e soffre di una durabilità limitata dei principali componenti; l’elettrolizzatore a membrana a scambio anionico (AEM), tecnologia ancora immatura che combina l’uso di una membrano con un elettrolita alcalino; l’elettrolizzatore a ossido solido (SOE), caratterizzato da alte efficienza ma elevate temperature di operatività.
Il gruppo di scienziati ha preso come modello di partenza l’elettrolizzatore alcalino: la cella possiede un elettrodo positivo e uno negativo accoppiati all’interno di una camera di acqua alcalina, separata da un diaframma permeabile agli ioni. Quando viene applicata una corrente elettrica, l’acqua reagisce al catodo formando idrogeno e ioni idrossido caricati negativamente, che si diffondono attraverso il diaframma fino all’anodo per produrre ossigeno. Ma la barriera provoca resistenza e, se la carica elettrica oscilla, aumenta il rischio di una miscela esplosiva tra ossigeno e idrogeno.
Un elettrolizzatore supercapacitivo
Il team ha ridisegnato il dispositivo creando una cella ibrida per un’elettrolisi a doppio stadio che disaccoppiasse la generazione di H2 e O2. Nel dettaglio i ricercatori hanno sostituito uno dei tradizionali elettrodi con un elettrodo supercapacitivo in carbonio. Questo elemento immagazzina e rilascia alternativamente ioni, separando la produzione dei due gas in maniera efficace. Quando l’elettrodo è carico negativamente e produce idrogeno, il supercondensatore immagazzina ioni idrossido (OH) ricchi di energia. Quando la direzione della corrente viene invertita, il supercondensatore rilascia l’OH assorbito e l’ossigeno viene prodotto sull’elettrodo ora positivo.
“L’elettrodo esegue l’evoluzione sia dell’ossigeno che dell’idrogeno“, spiega Dutta. “È molto simile a una batteria ricaricabile che produce idrogeno, caricandosi e scaricandosi alternativamente”.
Il sistema utilizza un catalizzatore bifunzionale in fosfuro di cobalto-ferro e può funzionare sia in ambiente alcalino che acido. Tuttavia nel primo caso mostra un’efficienza faradica maggiore che sale al 99% con una corrente a 100 mA/cm2. I test hanno anche dimostrato che la nuova cella ibrida può lavorare in maniera stabile per oltre 20 ore in ambiente alcalino senza alcuna degradazione apparente dell’elettrodo.