Secondo IRENA i contratti per differenza sul prezzo del carbonio rappresentano un modo per ridurre al minimo l'incertezza dei ricavi legata agli investimenti in tecnologie a basse emissioni di carbonio, come l'idrogeno rinnovabile.
(Rinnovabili.it) – L’idrogeno verde è stato incoronato come il vettore della decarbonizzazione nei settori hard-to-abate e uno degli strumenti più interessanti per l’accumulo delle rinnovabili non programmabili. Nonostante la crescente attenzione, il suo mercato è ancora acerbo. Ad oggi non esiste una vera domanda di H2 verde, le infrastrutture dedicate sono pochissime e i grandi impianti di elettrolisi ancora tutti da realizzare. L’intera situazione è descritta da IRENA, l’Agenzia mondiale delle energie rinnovabili, come il problema dell’uovo e della gallina. In altre parole parole, una situazione in cui una serie di difficoltà si autoalimentano a vicenda senza permettere di individuare un problema iniziale.
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Oggi il mercato dell’idrogeno verde offre il vettore ad prezzo medio di a 4–6 dollari per kg. La versione grigia, ossia ottenuta dalle fonti fossili, vanta un prezzo di appena 1–2 dollari per kg. Gli alti costi inibiscono la domanda della versione green. E senza domanda, gli investimenti per la produzione di idrogeno rinnovabile su larga scala rimangono troppo rischiosi.
Una delle soluzioni al problema, spiega IRENA, poterebbe essere quella delle aste, meccanismo che ha dato ottimi risultati con eolico e fotovoltaico. Una posizione sposata anche dalla Commissione europea impegnata oggi a valutare la possibilità di introdurre uno specifico meccanismo d’asta che sostenga tali progetti. Il primo accenno si trovava già nella Hydrogen Strategy, pubblicata a luglio 2020. “Con la necessità di aumentare l’idrogeno rinnovabile e a basse emissioni prima che diventi competitivo in termini di costi, è probabile che per qualche tempo saranno necessari regimi di sostegno, nel rispetto delle regole di concorrenza”, scriveva l’esecutivo UE. “Un possibile strumento politico sarebbe la creazione di sistemi di gara per i contratti di differenza sul prezzo del carbonio (CCfD)”.
Si tratta di contratti a lungo termine stipulati, a seguito di specifiche aste, tra una controparte pubblica e quanti investono in grandi progetti commerciali per produrre beni e materiali climaticamente neutri o a bassissimo tenore di carbonio. I CCfD funzionano fissando un’effettiva garanzia o “strike price” per la CO2 dei nuovi progetti e retribuendo l’investitore con la differenza tra strike price e il prezzo effettivo delle quote di CO2 nell’ETS europeo (o in un altro mercato del carbonio).
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Lo strumento può essere legato all’idrogeno verde consentendo a industrie difficili da decarbonizzare, nell’ambito del regime ETS, di coprire in questo modo i costi degli investimenti sull’idrogeno. In realtà le aste CCfD sono già state prese in considerazione in varie strategie dedicate al vettore, spiega IRENA. Potrebbe essere impostato anche un progetto di gara alternativo per facilitare il commercio di idrogeno verde senza la necessità di alcuno scambio fisico. In questo caso, un intermediario pubblico potrebbe mettere all’asta contratti di acquisto a lungo termine con i produttori (selezionando l’offerta più bassa) e accordi di servizio separati con acquirenti nei settori hard-to-abate (selezionando l’offerta più alta), che poi potrebbero iniziare a decarbonizzare i loro processi. Le carbon tax o le entrate ETS potrebbero essere utilizzate per compensare le differenze di prezzo iniziali a carico dell’intermediario pubblico.