L’automa riesce ad ottenere energia processando i liquami provenienti da un impianto di depurazione di Saltford
In realtà il progetto ha avuto due importati precursori: EcoBot-I , sviluppato nel 2002 ed alimentato con lo zucchero e EcoBotII , del 2004 e funzionante grazie ai rifiuti alimentari. Il terzo prodotto della serie, che ha richiesto tre anni di lavori per essere costruito, pesa circa sei chili e ricorda nell’aspetto una torta nuziale a più strati, ognuno contenente celle microbiche e vassoi di raccolta. A “nutrire” il robot sono i liquami provenienti da un impianto di trattamento di Saltford, vicino Bristol.
“Attualmente i nostri processi di trattamento dei liquami domestici richiedono un grande quantitativo d’energia – spiegano gli scienziati – ma se ci fosse un modo di replicare l’EcoBotIII su una scala più ampia, parte dei processi di depurazione si potrebbero autoalimentare con i rifiuti stessi. Questo significherebbe eliminare la necessità di fornire energia elettrica e, in futuro, gli impianti di trattamento delle acque reflue potrebbero diventare autosufficienti, riducendo i costi operativi e l’impronta di carbonio”.