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Ammoniaca geotermica, il MIT porta la produzione di NH3 nel sottosuolo

È possibile ottenere ammoniaca da acqua addizionata con azoto e rocce sotterranee ricche di ferro. Il processo è stato dimostrato in laboratorio da un gruppo di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology

Ammoniaca geotermica, il MIT porta la produzione di NH3 nel sottosuolo
La produzione di ammoniaca geotermica. Credito: Iwnetim Abate e Yifan Gao

Ammoniaca geologica: produzione stimolata di NH3 dalle rocce

La sostanza chimica più prodotta a livello globale? L’ammoniaca (NH3), ingrediente fondamentale dei fertilizzanti ma impiegata anche della produzione di materie plastiche, esplosivi e fibre sintetiche. Al punto che solo nel 2023 ne sono state prodotte ben 240 milioni di tonnellate globalmente, con una domanda destinata a crescere ulteriormente.

Un trend potenzialmente preoccupante dal momento che l’attuale processo di sintesi industriale è responsabile di circa il 2% del consumo energetico globale e dell’1,3% delle emissioni di CO2. Come alleggerirne il peso? Una strada potrebbe essere quella dell’ammoniaca geotermica. Un team di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (MIT) ha, infatti, messo a punto un nuovo sistema che sfrutta il sottosuolo per produrre ammoniaca senza CO2 e con una spesa energetica minima.

Come viene prodotta l’ammoniaca?

Esistono diversi procedimenti ma il più diffuso a livello industriale è il processo Haber-Bosch. Consiste nel far reagire l’azoto atmosferico (N2) e l’idrogeno (H2)  – ottenuto oggi principalmente da steam reforming – ad alta pressione (da 150 a 200 atm) e ad alta temperatura (da 350 a 450 °C) in presenza di un catalizzatore metallico, solitamente ossido di ferro magnetico.

Tuttavia, questo metodo emette circa 2,4 tonnellate di anidride carbonica per tonnellata di NH3 prodotta, rendendolo la più alta fonte di CO2 nell’industria chimica. 

Una delle soluzioni per diminuire l’impronta di carbonio può essere quella di impiegare idrogeno verde, ossia ottenuto tramite elettrolisi dell’acqua alimentata con energia rinnovabile.

Per annullare la restante parte sono state indagate nuove vie come la produzione elettrochimica di NH3, ma al momento la produzione su larga scala stenta a decollare. L’unico grande impianto attivo si trova in Danimarca e promette di raggiungere una capacità produttiva di 5.000 tonnellate di ammoniaca l’anno. Non solo. Secondo alcuni studi di settore la soddisfare tutta la domanda del composto attraverso la produzione elettrochimica richiederebbe un aumento eccessivo della produzione rinnovabile, oltre che un’estrazione intensiva di minerali critici.

Come produrre l’ammoniaca geotermica senza CO2

In questo contesto si inserisce la nuova ricerca del MIT dedicata all’ammoniaca geotermica. Il gruppo ha ideato un processo che utilizza il calore e la pressione naturali della Terra, nonché la reattività dei minerali già presenti nel terreno. Il lavoro è il primo a dimostrare la produzione di Geo-NH3 stimolata e in situ come potenziale tecnologia alternativa per la sintesi tradizionale.

“La chiamiamo ammoniaca geologica”, spiega il professore e coautore della ricerca Iwnetim Abate, “perché utilizziamo la temperatura del sottosuolo, la pressione, la chimica e le rocce geologicamente esistenti per produrre direttamente ammoniaca”.

L’idea è quella di iniettare in un’area geologica ricca di olivina (minerale contenente ferro), acqua addizionata con azoto (nitrato o azoto gassoso)e particelle di un catalizzatore metallico (Cu2+ o Ni2+). 

Cosa succede a questo punto? L’acqua reagisce con il ferro per generare idrogeno pulito, che a sua volta reagisce con l’azoto per produrre ammoniaca, che viene quindi recuperata.

“Con esperimenti sistematici controllati e test isotopici, abbiamo confermato la generazione di NH3 sia dall’olivina sia da un minerale sintetico, il Fe(OH)2 […] Se scalata, questa tecnologia potrebbe raggiungere un tasso di produzione sul campo equivalente di circa 40.000 tonnellate di NH3 al giorno per pozzo da rocce contenenti olivina“, si legge nella ricerca pubblicata sulla rivista Joule.

Nel complesso il metodo non richiede idrogeno, elettricità (a parte quella per azionare le pompe), né l’aggiunta di calore o pressione. E non emette anidride carbonica. “Il nostro lavoro apre la strada all’utilizzo del sottosuolo terrestre come reattore, con abbondanti rocce come materia prima, per produrre teoricamente abbastanza NH3 per 2,42 milioni di anni, riducendo al minimo l’impatto ambientale e raggiungendo sostenibilità e decarbonizzazione nei settori chimico ed energetico”. 

Ovviamente la realizzazione pratica rimane complessa ma le potenzialità sono alte. E in un futuro il sistema anche potrebbe sfruttare l’azoto presente nelle acque reflue per funzionare.

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