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Il Tagikistan inaugura Rogun, la diga idroelettrica dei record

Allentate le tensioni geopolitiche, il paese celebra quella che sarà la diga idroelettrica più alta del mondo. Ma c’è chi teme complicazioni di natura sismica

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Taglio del nastro per la prima delle 6 turbine della diga Rogun

(Rinnovabili.it) – Tempi rispettati per l’inaugurazione di Rogun, la mega diga del Tagikistan sul fiume Vahsh. Lo scorso venerdì è stato tagliato il nastro alla prima delle sei turbine della “Tour Eiffel tagika”, imponente centrale che, a regime, dovrebbe fornire al territorio 3,6 GW di potenza. L’obiettivo del governo e della Salini Impregilo, la società italiana a cui è stato commissionato il progetto, è realizzare nei prossimi 10 anni la diga idroelettrica più alta al mondo, un colosso di 335 metri in grado di raddoppiare la produzione energetica nazionale, vendendo il surplus ai paesi vicini come l’Afghanistan, il Pakistan e l’Uzbekistan. La produzione dovrebbe iniziare già nel 2019, con l’avvio della seconda turbina, in maniera da far fronte alla crescente domanda interna di elettricità.

L’impianto “sorge nella zona più a monte del fiume Vakhsh River, sulle montagne del Pamir, a circa 90 chilometri dalla capitale, Dushanbe – spiega la Salini in una nota stampa – La deviazione del fiume con un cofferdam (un’intercapedine che separa due compartimenti stagni contigui) ha permesso di incanalare le acque in due tunnel di deviazione posti su un lato della valle, assicurando così che le fondamenta della diga rimanessero asciutte”.

 

In realtà, nonostante sia stata inaugurata in questi giorni, l’infrastruttura ha almeno 40 anni di storia alle spalle (leggi anche Tagikistan: diga idroelettrica Rogun, un deja-vù lungo 40 anni). L’idea risale addirittura a un piano sovietico del 1959, concepito per far fronte ai problemi di approvvigionamento della regione. Quando il Tagikistan riprese in mano il progetto, si dovette scontrare con le proteste dell’Uzbekistan. Il Rogun prevede, infatti, la deviazione del flusso del fiume Vahsh, importante affluente dell’Amu Darya che segna il confine tra i due Paesi e dalle cui acque dipende l’agricoltura uzbeka. Le tensioni geopolitiche si sono affievolite però dopo la morte, nel 2016, di Islam Karimov, ex presidente uzbeko e oggi il paese è uno dei clienti del progetto.

 

Celebrata a livello nazionale come un traguardo eroico, la gigantesca diga idroelettrica porta con sé anche diverse preoccupazioni di carattere ambientale. Una di queste riguarda le caratteristiche del territorio su cui sorge l’infrastruttura, come spiega Filippo Menga, ricercatore di geografia umana presso l’Università di Reading (UK). Rogun si troverebbe, infatti, in un’area altamente sismica e “diversi studi geologici – ha dichiarato Menga all’AFP – hanno avvertito sui rischi di costruire una diga così ampia in quel contesto”.