Qual è il potenziale degli impianti idroelettrici a pompaggio sul territorio italiano? A rispondere è la monografia di RSE su opportunità e sviluppi del settore

È la principale fonte rinnovabile nel mondo e in Italia dove solo nel 2024 ha generato oltre 52mila GWh di elettricità (dati Terna). Parliamo dell’idroelettrico, tecnologia storica che nel Belpaese (e non solo) potrebbe vivere una seconda giovinezza. Tra la necessità di mitigare gli impatti degli eventi climatici estremi e la crescente domanda di servizi di flessibilità, il comparto si trova oggi a poter svolgere un ruolo essenziale nella transizione energetica. A spiegarlo è RSE (Ricerca sul Sistema Energetico) nella nuova monografia dedicata. Un approfondimento che raccoglie gli studi promossi dalla società sul tema, fornendo una panoramica esaustiva su potenzialità e barriere per questi impianti a livello nazionale.
I moderni sistemi energetici stanno divenendo sempre più complessi. La crescente penetrazione di fonti non programmabili come fotovoltaico ed eolico sta infatti ponendo diverse sfide ai gestori di rete, in particolare nel bilanciamento dei carichi e nella necessità di flessibilità.
In questo contesto gli impianti idroelettrici sono in grado di fornire carico di base e potenza di picco, così come l’intera gamma di servizi che consentono alla rete di essere più flessibile, come il controllo rapido della frequenza, avvio/arresto rapidi ecc., partecipando di diritto alla fornitura di servizi per il dispacciamento.
“Il ruolo dell’idroelettrico non si esaurisce qui”, ha dichiarato Antonella Frigerio, Vicedirettore del Dipartimento Sviluppo sostenibile e Fonti Energetiche di RSE. “Gli impianti idroelettrici possono fornire anche servizi secondari ai fini della sicurezza del territorio e dell’adattamento climatico. Un esempio? La laminazione delle piene per mitigare il rischio alluvioni. In caso di precipitazioni intense i bacini possono trattenere l’acqua, proteggendo così i territori a valle da eventuali inondazioni. Allo stesso modo, in periodi dell’anno particolarmente siccitosi possono dare una mano al settore agricolo con rilasci aggiuntivi, contribuendo alla sicurezza alimentare”.
“La vera sfida, in questo contesto, appare più che altro il mantenimento del parco infrastrutturale”, ha aggiunto Antonella Frigerio. La maggior parte delle centrali vanta, infatti, un’età media superiore ai 65 anni e gli interventi di modernizzazione per affrontare i problemi legati all’invecchiamento si fanno sempre più urgenti. A frenare gli investimenti sono le lunghe tempistiche di autorizzazione e, soprattutto, le incertezze sul rinnovo delle concessioni (l’86% scadrà entro il 2029).
Nodi che rischiano di compromettere la capacità del comparto e portare a possibili decommissioning di impianti essenziali. Ad oggi si stima una perdita di circa 1.800 Mm³ per limitazioni operative e di 4.000 Mm³ per problemi di interrimento. Una situazione che mette a rischio il raggiungimento degli obiettivi delineati nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) e, in particolare, la crescita dell’energy storage nazionale
Come ci ricorda il MACSE, il nuovo Meccanismo di approvvigionamento di capacità di stoccaggio elettrico di prossima partenza, l’idroelettrico è anche uno degli attori chiave per aumentare la capacità di accumulo nel breve-medio termine in Italia. Di cosa si tratta? Di un nuovo mercato a termine che si affiancherà a quelli dell’energia, dei servizi ancillari e della capacità, e grazie a cui l’Italia dovrebbe poter contare su altri 70 GWh di accumuli su scala utility.
A fine dicembre 2024 Terna ha pubblicato un documento di consultazione sulle modalità di partecipazione dei pompaggi idroelettrici al Meccanismo ipotizzando tre interventi ammissibili: pompaggi di nuova costruzione, frutto di una riconversione di impianti idroelettrici classici oppure già esistenti ma potenziati attraverso l’incremento della capacità di stoccaggio, la potenza in prelievo o in immissione.
La domanda che sorge spontanea è: qual è il potenziale di sviluppo dei pompaggi idroelettrici in Italia? In aiuto arriva sempre RSE. Come sottolineato nella monografia la capacità produttiva di questi impianti a livello nazionale è rimasta sostanzialmente invariata dalla fine degli anni ’90, attestandosi a 7,30 GW nel 2022, nonostante il loro utilizzo sia progressivamente diminuito negli ultimi anni.
Questo cambiamento suggerisce un’evoluzione nella gestione degli impianti, che ora partecipano alla fornitura di servizi per la risoluzione delle congestioni a programma, dei servizi di riserva (secondaria e terziaria) e dei servizi per il bilanciamento del sistema.
Il futuro sviluppo del segmento è stato analizzato attraverso studi che stimano la capacità massima di accumulo a livello regionale e locale, considerando diverse configurazioni e siti per nuovi invasi. “Il potenziale di sviluppo è stato individuato analizzando diverse possibili configurazioni che prevedono lo sfruttamento di invasi esistenti posti a differenti quote, la realizzazione di nuovi invasi in superficie o sotterranei, la costruzione di impianti di pompaggio marino che utilizzano il mare come serbatoio inferiore”, si legge nel documento.
Nel dettaglio RSE ha sviluppato una metodologia basata su analisi GIS e un software di riconoscimento a oggetti per individuare siti idonei, escludendo aree vincolate e a rischio idrogeologico.
“Per evitare la realizzazione di gallerie troppo lunghe e costose, nel caso di invasi esistenti la ricerca di zone idonee è stata effettuata all’interno di un cerchio di raggio 5 km con centro posizionato sul baricentro della diga. Nel caso dei pompaggi marini, è stata invece processata una fascia costiera di ampiezza 5 km per individuare i siti adatti alla costruzione del bacino superiore”.
Sono stati così identificati 56 impianti di pompaggio idroelettrico tradizionale tecnicamente fattibili in Italia, con potenze fino a 800 MW, per un totale di 13,6 GW e una capacità di accumulo di quasi 126 GWh.
La singola installazione più grande? Quella realizzabile in Trentino-Alto Adige con una potenza media di circa 716 MW, un salto di oltre 400 m e un volume di pompaggio di 5 Mm3. In generale i maggiori impianti si troverebbero in Trentino-Alto Adige, Sardegna e Basilicata.
Sul fronte del potenziale del “pompaggio marino” in Italia, RSE ha identificato invece 255 configurazioni di impianti tecnicamente possibili, le cui potenzialità superano quelle degli impianti tradizionali. La potenza totale installabile per questa tipologia di impianto sarebbe di circa 65,6 GW, con una capacità complessiva di accumulo superiore a 610 GWh. Le regioni con il maggiore potenziale sono la Calabria, la Sicilia e la Sardegna, con un totale di 207 configurazioni tecnicamente possibili.
In collaborazione con RSE