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Dighe tropicali: così si sfata il mito dell’energia pulita

Secondo un gruppo di studiosi le emissioni connesse ai grandi impianti idroelettrici in Amazzonia sono spesso sottovalutate e possono superare quelle degli impianti a combustibili fossili

(Rinnovabili.it) – I grandi bacini idroelettrici tropicali sono una “fabbrica di metano”. Ne sono convinti gli scienziati Philip Fearnside dell’Inpa (Instituto Nacional de Pesquisas da Amazônia) e Salvador Pueyo dell’Istituto dei cambiamenti climatici in Catalogna. In base allo studio condotto dai due ricercatori, e appena apparso sulla rivista Nature Climate Change, viene sfatato il mito che vuole le dighe sinonimo di energia pulita sempre e comunque. Nel documento, infatti, Fearnside e Pueyo hanno illustrato come i grandi bacini realizzati in Amazzonia siano in realtà responsabili, in alcuni casi anche per decenni, del rilascio di potenti emissioni climalteranti. Quando si abbatte una parte di foresta per creare l’impianto non solo si elimina il potenziale di stoccaggio del carbonio di quella terra ma, una volta che l’area viene allagata, il materiale vegetale in decomposizione provoca la naturale formazione di bolle di metano. Quest’ultime raggiungono la superficie del bacino per tornare nell’atmosfera con un processo lungo anni e facilitato dalle turbine della diga.

Gli scienziati hanno studiato i diversi percorsi di rilascio del metano sia a monte che a valle di una diga, percorsi che gli attuali metodi di misurazione delle emissioni di bacino per lo più ignorano; lo studio si è concentrato sul caso del Brasile, dove si trovano i più grandi serbatoi di CO2 e dove gli errori di calcolo da parte delle società energetiche hanno portato a sottostimare del 345 per cento le emissioni rilasciate. “Diversi errori matematici hanno portato le autorità elettriche del Brasile a sottostimare l’entità delle emissioni prodotte dalle superfici di stoccaggio”, scrivono Fearnside e Pueyo e come conseguenza queste dighe avranno “emissioni cumulative maggiori di quelle di impianti a combustibili fossili per diversi decenni a venire”, rendendole insostenibili sul fronte della mitigazione climatica.