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Per la Costa Rica è ancora record: 250 giorni di rinnovabili

Un altro anno senza quasi toccare i carburanti fossili: la nazione del centro America fa delle rinnovabili il suo vessillo, ma le mega dighe idroelettriche mettono un prezzo allo sviluppo verde

Per la Costa Rica è ancora record: 250 giorni di rinnovabili

 

(Rinnovabili.it) – La Costa Rica continua a tenere alta la bandiera delle green energy. Quello che era inizialmente l’incredibile record di un mese, è divenuto il primato di quasi un anno: per 250 giorni del 2016 il Paese ha fatto affidamento solo sulle fonti rinnovabili. Secondo i dati pubblicati dal Costa Rican Electricity Institute (ICE) l’energia pulita ha fornito circa 98,1 per cento dell’elettricità consumata durante lo scorso anno dai 4,9 milioni di abitanti. Un dato di poco sotto le performance del 2015, quanto le fonti rinnovabili avevano coperto addirittura il 98,9 per cento della domanda. Il merito è soprattutto delle intense piogge stagionali che hanno favorito la produzione idroelettrica, prima voce nel mix energetico nazionale. Le grandi dighe contribuiscono oggi al 74 per cento del mix, seguite da geotermia ed eolico, rispettivamente sopra il 12 e il 10 per cento. Il resto lo fanno i piccoli impianti fotovoltaici e alimentai a biomasse, lasciando ai combustibili fossili un risicato 1,8 per cento.

 

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Il successo dell’energia pulita in Costa Rica è destinato a proseguire nel 2017, come spiega il presidente dell’ICE Carlos Manuel Obregón. La società elettrica si aspetta che la produzione da fonti rinnovabili divenga stabile anche grazie a quattro nuovi parchi eolici in dirittura d’arrivo e al progetto idroelettrico Reventazon. Inaugurata a settembre 2016, la diga di Reventazon è la più grande opera infrastrutturale dell’America Centrale. Con i suoi 130 metri di altezza e un bacino di 6,9 chilometri quadrati, l’impianto offre 305,5 MW di potenza, abbastanza da soddisfare le esigenze elettriche di 525 mila abitazioni.

 

Piccolo, ma non trascurabile, neo: la diga seziona uno dei principali corridoi naturali dell’America Centrale, sbarrando la strada alla migrazione animale e minacciando seriamente, secondo i gruppi di attivisti locali, la capacità ecologica del fiume e il patrimonio di biodiversità della zona. Per limitare quanto possibile i danni, l’Istituto si è impegnato a finanziare con 1,6 milioni di dollari misure di prevenzione delle foreste circostanti, in maniera da assicurare un corridoio alla fauna selvatica.