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Rinnovo concessioni mini-idro, la Consulta passa la palla alla Corte di giustizia UE

Rinnovo concessioni mini-idro, la Consulta passa la palla alla Corte di giustizia UE
Rinnovo concessioni mini-idroelettrico, sulla necessità di gare decide la Corte UE

Il rinnovo automatico delle concessioni di mini-idro è legittimo?

Sul caso delle norma idroelettrica dell’Emilia Romagna impugnata dal Governo, la Corte Costituzione sospende il giudizio. E si rivolge direttamente alla Corte di giustizia dell’Unione europea per chiarire i dubbi. La questione è tutta focalizzata sulle concessioni di min-idro, tema complesso e di vecchia data. Per la precisione la Consulta ha rivolto all’istituzione europea tre quesiti riguardanti l’applicabilità o meno della Direttiva Bolkestein agli atti concessori per piccole derivazioni idroelettriche.

Ma andiamo con ordine.

La vicenda ha origine con la legge regionale n. 17 del 2023 dell’Emilia Romagna. L’articolo 3 del provvedimento ha modificato la disciplina della programmazione energetica territoriale inserendo un passaggio cruciale.

Recita il testo:

“2 bis. Qualora il concessionario di derivazioni ad uso idroelettrico fino a 3000 kilowatt abbia ottenuto incentivi per la produzione di energia elettrica connessi alla derivazione, la durata della concessione, previa istanza presentata da parte del concessionario, è allineata al periodo incentivante di riconoscimento degli incentivi, ferma restando la durata massima trentennale prevista all’articolo 21 del Regio Decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (Approvazione del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici).”

Tradotto in parole povere il provvedimento regionale introduce una “proroga automatica” per tutte le concessioni per il mini-idroelettrico. Ma solo per chi sta già ricevendo incentivi per la produzione, faccia domanda di rinnovo e non superi un periodo di concessione di 30 anni.

Tuttavia il Governo ha storto subito il naso e deciso di impugnare il suddetto articolo. Il motivo? Un rinnovo automatico escluderebbe ogni tipo di controllo da parte delle autorità competenti e non permetterebbe di valutare eventuali nuovi effetti negativi delle piccole derivazioni idroelettriche sul fabbisogno idrico. Passaggio ritenuto essenziale visto l’aggravarsi delle condizioni siccitose in Italia. Non solo. Nonostante la legislazione statale non contempli per questi impianti su piccola scala gare per l’affidamento delle concessioni in scadenza, il Governo ritiene che “siano necessarie sulla base del diritto dell’Unione europea”.

Il riferimento è alla direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno, conosciuta anche come Direttiva Bolkestein, che prevede, tra le altre cose, gare pubbliche per l’affidamento dei “servizi”. Un aspetto quest’ultimo il cui inquadramento generale spetterebbe al legislatore nazionale.

Ed qui che la questione è approdata alla Corte Costituzionale. “Il ricorso dello Stato contesta, oltre alla violazione del riparto di competenze fra Stato e regioni nelle materie «produzione, trasporto e distribuzione dell’energia», nonché «tutela della concorrenza», la lesione degli obblighi assunti nei confronti dell’Unione europea, in particolare con l’art. 12 della direttiva servizi”, si legge nella nota stampa.

Ma la generazione di energia idroelettrica va considerata “un servizio” o un’attività di “produzione di un bene”?

Per sciogliere il nodo interpretativo sull’applicabilità delle norme UE alle concessioni mini-idro la Consulta si è rivolta alla Corte di giustizia con tre quesiti.

Nel dettaglio la Corte ha chiesto: 

  1. se la direttiva servizi debba ritenersi applicabile «anche a impianti che svolgono attività di mera produzione di energia elettrica»; 
  2. se, qualora l’applicabilità sia riconosciuta, la direttiva servizi osti alla disciplina di uno Stato membro, che si avvalga, quale criterio per distinguere l’attitudine o meno degli impianti di derivazione a rendere scarsa la risorsa idroelettrica, della differenza fra grandi e piccoli impianti; 
  3. in caso di risposta affermativa al primo e al secondo quesito, se la direttiva servizi osti alla disciplina di uno Stato membro che preveda una proroga della concessione, motivata dall’esigenza di consentire l’utilizzo integrale degli incentivi ottenuti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, fermo restando il limite dei trent’anni che sin dall’inizio può essere assegnato a una concessione per piccola derivazione idroelettrica.

Un dubbio che non è solo italiano ma che vede un certo grado di confusione anche a livello comunitario. Basti pensare che il regolamento UE n. 213/2008 relativo alle procedure per gli appalti pubblici considera la gestione di una centrale elettrica quale servizio (con il codice 65410000-0). Allo stesso tempo una sentenza della Corte di Giustizia europea (2020-C-727/17) ha espressamente identificato la produzione energetica come “produzione di un prodotto”.

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