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Africa, in 15 anni può raggiungere il 22% di rinnovabili nel mix

Il nuovo rapporto di IRENA mostra come quadruplicare il contributo delle fonti verdi al mix energetico africano. Ma su i grandi progetti idroelettrici bisogna essere molto cauti

Africa, in 15 può raggiungere il 22% di rinnovabili nel mix

 

(Rinnovabili.it) – Tra i sostenitori delle fonti fossili c’è un assunto che si ripete quasi come una nenia: carbone e gas sono elementi imprescindibili per risollevare dalla povertà energetica gli oltre 1,3 miliardi di persone che oggi non hanno accesso neppure ad un consumo elettrico di ‘base’. A sconfessare questa tesi sono stati negli anni diversi rapporti, alcuni dei quali firmati dall’Agenzia Internazionale dell’Energia IEA, che hanno evidenziati falle e punti deboli di questo ragionamento. A dar manforte ora è anche IRENA, l’agenzia delle energie rinnovabili. Attraverso un nuovo documento, l’Agenzia afferma che nei prossimi 15 anni un quarto del fabbisogno energetico dell’Africa potrebbe plausibilmente essere fornito dalle green energy.

 

Il rapporto, che fornisce una tabella di marcia per la distribuzione delle rinnovabili nel continente, mette in luce come una gamma di moderne soluzioni tecnologiche, già oggi disponibili, potrebbe più che quadruplicare il contributo delle fonti verdi al mix energetico africano. In altre parole questo significherebbe portare la quota dell’energia pulita dall’attuale 5 per cento al 22 per cento del mix. Nel dettaglio, la relazione individua quattro tecnologie in grado di svolgere un ruolo importante nel continente: l‘idroelettrico, l’eolico, il solare, e i moderni sistemi di cottura a biomassa.

 

“Attingere a risorse energetiche rinnovabili è l’unico modo in cui le nazioni africane possono alimentare la crescita economica, massimizzare lo sviluppo socio-economico e migliorare la sicurezza energetica con un limitato impatto ambientale”, ha spiegato Adnan Z. Amin, direttore generale di IRENA. “Le tecnologie sono disponibili, affidabili e a costi sempre più competitivi. Spetta ora ai governi africani creare le condizioni per accelerare la distribuzione, spianando la strada allo sviluppo sostenibile dell’Africa”.

 

Tutto vero sulla carta, ma non si può fare a meno di mettere qualche puntino sulle i quando si parla di grandi progetti idroelettrici.

Negli anni passati, l’Unione Africana ha individuato alcune aree particolarmente adatte agli impianti idroelettrici: Inga, nella Repubblica democratica del Congo, con un potenziale di 774 TWh l’anno; il bacino del Nilo in Etiopia (290 TWh), la Fouta Djallon in Guinea (19 TWh) e il bacino dello Zambesi (38TWh). Se pianamente sfruttate, come peraltro l’Unione è intenzionata a fare, potrebbero ampiamente coprire le necessità del continente nel medio e nel lungo termine. La decisione di rincorrere l’oro blu però va presa con le pinze. Le grandi dighe previste potrebbero infatti mettere in serio pericolo la vita di milioni di persone e lo stesso equilibrio ecologico delle zone interessate. E la storia della diga di Manantali, nel Mali, ne è un triste esempio.