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Accumulo energetico: il futuro del pompaggio idroelettrico

I sistemi di pompaggio idroelettrico abbatterebbero i costi, ma sono di proprietà dell’Enel. Nel frattempo avanza l’accumulo su piccola scala

Accumulo energetico il futuro del pompaggio idroelettrico

 

(Rinnovabili.it) – L’accumulo energetico attraverso sistemi di pompaggio idroelettrico deve tornare ad essere una soluzione più praticata nel nostro Paese. È quanto emerso stamattina dal convegno organizzato dal Movimento 5 Stelle alla Camera dei Deputati.

L’accumulo permette infatti l’utilizzo dell’energia da fonti rinnovabili al massimo del suo potenziale, perché consente di sopperire all’intermittenza della produzione energetica.

Per favorire la penetrazione di fonti energetiche molto variabili – e non sempre prevedibili – nei sistemi elettrici, è dunque necessario risolvere problemi legati al bilanciamento dei carichi a alla regolazione della frequenza. Non solo, è necessario poter disporre  di quote sempre crescenti di generazione di riserva sufficientemente flessibili.

I sistemi di pompaggio idroelettrico sono nati nel dopoguerra per regolare la produzione da centrali termiche e nucleari. Servivano ad assorbire l’energia in eccesso, dato che il nucleare assicura una produzione continua, provocando un surplus nei momenti in cui la domanda scende drasticamente. Oggi ormai li si usa tanto quanto negli anni ’70: meno di 2 TWh l’anno, contro gli 8 TWh record del 2002. Sono stati scalzati da tante e più flessibili centrali a gas a ciclo combinato, in grado di seguire quasi ogni variazione della domanda. Anche se, così facendo, l’efficienza di questi impianti peggiora e se ne accelera l’usura.

Il fatto è che i sistemi di pompaggio appartengono agli stessi proprietari di quelle centrali, a partire da Enel. Per ammortizzarne i costi potrebbe capitare, così, che si preferisca delegare a queste ultime il lavoro di bilanciamento della rete, che è anche ben remunerato, piuttosto che ricorrere ai pompaggi.

 

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Come funziona l’accumulo energetico attraverso i pompaggi

Questi sistemi funzionano con il travaso dell’acqua tra due serbatoi, posti a quote diverse. Durante i periodi “off peak” si utilizza energia a basso costo, fornita dalla rete, per pompare l’acqua dal serbatoio inferiore a quello superiore, utilizzando turbine reversibili. Nei periodi di picco della domanda, l’acqua viene quindi rilasciata attraverso le turbine per produrre energia che viene messa sul mercato a prezzi più alti. Il bilancio energetico è negativo, perché è più l’energia spesa di quella che si produce. Ma il processo conviene comunque, perché la pompa viene azionata utilizzando energia a basso costo, prelevata nelle ore notturne oppure – si spera – prelevata dagli esuberi nei periodi di picco della domanda a causa dell’entrata in funzione di campi eolici e fotovoltaici. L’idea è che questi ultimi, nel giro di pochi anni, potranno coprire tutto il fabbisogno elettrico del Mezzogiorno, godendo della priorità nel dispacciamento e del diritto di venire pagati anche quando l’energia non verrà prelevata. Secondo stime, con i pompaggi si può rilasciare energia a prezzi convenienti: il 30% dell’attuale prezzo massimo.

 

Gli impianti di pompaggio sono fondamentali per il sistema elettrico italiano, perché permettono di modulare l’erogazione della potenza elettrica durante l’arco della giornata. Inoltre, possiedono la capacità di immettere in rete grandi quantità di energia in tempi rapidi, a costi decisamente più vantaggiosi rispetto agli altri sistemi di accumulo. Per contro, questi impianti costano molto, e necessitano di essere installati in luoghi particolari, adatti allo scopo.

I sistemi di accumulo attraverso pompaggi dovranno essere affiancati da quelli elettrochimici, che utilizzano batterie che permettono di stoccare le eccedenze e rilasciarle in caso di necessità. Anche in questo caso il bilancio energetico è negativo, ma ha il vantaggio di flessibilizzare l’offerta.

 

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Tecnici e politici a confronto sull’accumulo energetico

«Vogliamo che la politica investa sui sistemi di pompaggio – ha spiegato Andrea Cioffi, capogruppo del Movimento 5 Stelle al Senato – Ma per fare ciò è necessario dipanare una questione. Gli impianti appartengono per il 90% all’Enel, ma il gestore della rete è Terna. Forse fu sbagliato, quando avvenne la separazione, lasciare in capo al produttore e non al gestore questi sistemi».

Un assist raccolto dall’ingegner Federico Luiso, Responsabile Vigilanza Operatori Regolati dell’AEEGSI, che ha lanciato una proposta: «Se vogliamo cambiare le cose perché non diamo a Terna la gestione completa dei pompaggi? Preferiamo altre soluzioni, meno drastiche? Ce ne sono: pensiamo a contratti a lungo termine fra produttore e gestore, in modo che questi impianti siano un servizio per tutti, e non un vantaggio economico per uno solo».

 

Sull’obiettivo finale si è detto d’accordo anche Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente della Camera: «Lo stoccaggio di grandi quantità di energia ha nei pompaggi un punto di riferimento obbligato». Poi ha però posto l’accento sui mutamenti di paradigma che interessano lo scenario energetico italiano, sostenendo che «dobbiamo anche muoverci nell’ottica di una generazione distribuita», e quindi prendendo in considerazione sistemi a scala più locale. Altrimenti, è la preoccupazione, senza una gestione adeguata da parte della politica gli italiani troveranno il modo di muoversi in autonomia. Piccoli distretti e cluster industriali di ridotte dimensioni sceglieranno questa strada non appena l’accumulo energetico diventerà più economico.

La soluzione proposta da Mauro Spagnolo, direttore di Rinnovabili.it, è «guardare all’accumulo con fiducia, e incentivare nei prossimi 10 anni queste tecnologie come negli anni scorsi sono state sostenute le energie pulite. Si può dire, con una piccola provocazione, che i sistemi di accumulo dovrebbero presto essere obbligatoriamente integrati a quelli di produzione da fonti rinnovabili. Lo sviluppo, tuttavia, deve avvenire sempre più a livello dei piccoli impianti».

In fondo, quella dell’accumulo su piccola scala, è anche la direzione che si sta intraprendendo a livello normativo. Lo ha mostrato Luca Benedetti, responsabile dell’unità Studi e Statistiche del GSE (Gestore dei Servizi Energetici) ha ricordato che «dal 1 gennaio 2015 la delibera dell’Autorità permette di installare i sistemi di accumulo accanto a quelli di generazione da fonti rinnovabili. I pompaggi sono i migliori per versatilità, ma non si possono installare dovunque. La generazione distribuita potrebbe avvalersi di altri impianti, ma per il momento costano ancora tanto e conviene maggiormente lo scambio sul posto».

 

Le trappole dell’economia

Cosa significa dire che l’accumulo energetico con sistemi elettrochimici è fuori mercato? La domanda è arrivata solo in coda al convegno, posta dal senatore del M5S, Gianni Girotto: «Se non teniamo conto delle esternalità che gravano su ambiente e cittadini, è chiaro che le tecnologie pulite finiscono fuori mercato. Ma questo è un concetto di mercato distorto, perché i costi ambientali e sociali non entrano nel computo. Invece devono farne parte a pieno titolo. Dovremmo proporre una ‘externalities tax’, più radicale della carbon tax».