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Idrocarburi, se l’Africa punta su gas, petrolio e carbone

In scena a Cape Town dal 4 all’8 novembre, l’Africa Oil Week 2019 ha evidenziato l’intenzione da parte della quasi totalità dei leader africani di investire negli idrocarburi

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Credit: Pixabay

 

Il petrolio è considerato una risorsa irrinunciabile per lo sviluppo del Continente, ma l’AIE avverte: difficile presumere entrate affidabili

(Rinnovabili.it) – Dal 18° secolo ad oggi, l’insieme di tutti i Paesi africani ha emesso un settimo della CO2 emessa dalla Cina, un tredicesimo di quella degli Stati Uniti ed un diciottesimo del totale di cui sono responsabili i paesi europei (dati Carbonbrief). Le proporzioni potrebbero tuttavia cambiare molto presto.

Se da una parte infatti molti Paesi stanno progressivamente investendo nelle rinnovabili, gli idrocarburi rappresentano oggi per l’Africa una risorsa economica alla quale parrebbe impossibile rinunciare. “L’energia è il catalizzatore della crescita“, ha affermato Gwede Mantashe, ministro dell’energia del Sudafrica e presidente del Congresso nazionale africano al potere. “Ci dicono di spegnere le nostre centrali elettriche e a carbone ma, nell’oscurità, non respireremo mai aria pulita”.

Una posizione apparentemente condivisa da molti. In occasione dell’ultima edizione dell’Africa Oil Week, ospitata lo scorso 4 novembre a Cape Town, il Senegal ha annunciato il rilascio di nuove licenze per l’estrazione di gas e petrolio e, in generale, la quasi totalità dei leader africani ha propagandato i benefici di petrolio, gas e persino carbone. “Qualcuno al di fuori del continente dice che non dovremmo sviluppare questi campi, ma è criminale. È molto ingiusto” ha detto il Ministro dell’energia della Guinea Equatoriale Gabriel Obiang Lima. “Il petrolio – ha aggiunto il ministro degli idrocarburi del Gabon Noel Mboumba – è uno dei principali motori dello sviluppo. Faremo tutto il possibile per svilupparlo”. 

 

Oltre che alla ripresa dopo il crollo dei prezzi nel 2014, il “ritrovato ottimismo” di ministri ed investitori negli idrocarburi lo si deve, in particolare, alla serie di nuove scoperte di giacimenti nell’Africa orientale e lungo la costa dell’Oceano Indiano, che hanno nuovamente catturato l’attenzione delle grandi compagnie petrolifere internazionali. Sono cresciuti gli investimenti e, con essi, le attività esplorative ed estrattive: BP ha iniziato l’esplorazione al largo della Costa d’Avorio, dove anche Tullow ha ottenuto una licenza; ExxonMobil è entrata in Ghana e Namibia, aprendo un sito offshore anche  in Mauritania;  Total, Tullow e CNOOC starebbero invece valutando la possibilità di un nuovo oleodotto in Kenya e Uganda. 

 

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Tuttavia, come spiegato ad African Business dall’amministratore delegato di GPB Global Resources Boris Ivanov, molto dipende dalla capacità e dall’affidabilità degli stessi governi, definita dallo stesso Ivanov “la più grande sfida allo sviluppo del mercato energetico africano”. Un ammonimento, comunque, è arrivato anche dalla IEA, che ha evidenziato come il cambiamento delle dinamiche globali significhi anche che le nazioni non possono più presumere che il petrolio si traduca in entrate future affidabili. Alcuni ministri, tra cui Mantashe e Irene Muloni dell’Uganda, hanno perciò sottolineato la necessità di sviluppare risorse rinnovabili. Ci sta più avanti di tutti? Il Kenya dove oggi circa il 70% dell’elettricità proviene da idroelettrico e geotermico e il governo punta a generare il 100% di energia da fonti rinnovabili entro la fine del prossimo anno.

 

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