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Houot: Schneider Electric 100% green entro il 2030

Il colosso multinazionale sceglie decisamente la strada della sostenibilità: energie rinnovabili, efficenza energetica ed economia circolare sono diventati temi centrali della loro strategia industriale. Ci racconta come Xavier Houot, il principale responsabile di questa virtuosa trasformazione

Houot  Schneider Electric

 

La Schneider Electric ha annunciato obiettivi davvero ambiziosi: diventare un’azienda rinnovabile all’80% entro il 2020 e al 100% entro il 2030. Come pensate di riuscirci?

Abbiamo questo impegno e l’abbiamo delineato secondo il framework R100 creato dal Climate Group. Oggi siamo al 45% di utilizzo di energie rinnovabili e siamo sulla buona strada per arrivare all’80% entro il 2020. Per raggiungere i nostri obiettivi abbiamo un approccio basato su quattro presupposti.

Il primo è la produzione di energia “on site”: usiamo fonti rinnovabili per produrre energia sul posto, principalmente energia solare, ma non solo: utilizziamo anche geotermia ed energia eolica. Per l’utilizzo delle rinnovabili implementiamo microgrid, quindi abbiamo pannelli solari, sistemi di distribuzione elettrica e, in alcuni siti come in Cina, Singapore e Tailandia, abbiamo anche sistemi di accumulo di energia. Ma questo non è abbastanza, con questo possiamo coprire dal 10 al 15% del nostro consumo.

Il secondo aspetto è l’acquisto di elettricità rinnovabile dalle utility che la rendono disponibile nei paesi in cui operiamo. Il terzo è usare gli accordi PPA (Power Purchase Agreement) per l’acquisto di energia. Questo dà un grande contributo al nostro obiettivo di raggiungere l’80% di energia rinnovabile e lo stiamo già utilizzando in India, Messico ed altri paesi.

Con i PPA prendiamo un impegno a lungo termine: acquisire energia rinnovabile per sei, sette, otto, dieci anni, acquisendo una capacità generata per noi dall’Utility che ci fornisce.

Il quarto aspetto è che acquistiamo RECS – Certificati di elettricità rinnovabile – e siamo piuttosto esigenti sulla natura del RECS, acquistando unicamente dopo serie valutazioni sull’Utility, sul Paese e sul progetto con il quale viene generata l’elettricità.

 

Concretamente come pensa che un’azienda di grandi dimensioni come Schneider Electric possa coniugare l’opportunità di business e il vantaggio competitivo con la sostenibilità ambientale?

Crediamo che non ci sia contrapposizione tra crescita economica e sostenibilità ambientale.

In realtà, il mio lavoro in azienda è proprio di ottenere entrambe le cose insieme. Ci sono vari modi per farlo. Innanzitutto, e questo è ovvio – consumare meno energia, usare meno acqua e meno risorse in generale: ciò significa risparmio di costi, e questo è l’approccio più semplice. Ma si può parlare anche di altro, ad esempio di come selezionare materiali migliori per i prodotti, e così lavorare a un livello diverso.  Nel nostro meeting con tutta la nostra supply chain a livello mondiale abbiamo chiesto esplicitamente ai fornitori di aiutarci a trovare materiali migliori per i nostri prodotti: plastica riciclata, materiali bio, materiali che possano essere utilizzati in quantità minore. Dobbiamo inventare un nuovo modo di realizzare i nostri prodotti, con nuovi materiali e ad un prezzo accessibile. Dobbiamo inoltre trovare il modo di far coincidere la sostenibilità dei prodotti con la produttività.

Un altro modo in cui possiamo unire crescita e ambiente è l’economia circolare.

Questo modello per noi è molto valido, in quanto più prolunghiamo la vita dei nostri prodotti, più restiamo in contatto con i nostri clienti: abbiamo un rapporto “per la vita” con loro, vendiamo soluzioni, le aggiorniamo, le rinnoviamo ecc. Prolungare la vita del prodotto offre più valore al cliente, ma anche a noi attraverso servizi e manutenzione: essere “circolari” fa bene anche al business.

 

Quali sono, secondo la SE, gli obiettivi per uno sviluppo sostenibile della vostra attività?

Essenzialmente tre: efficienza delle risorse, materiali più ecologici e modelli di economia circolare.

Non dico però che per noi non ci siano sfide come, ad esempio,  l’uso della mobilità elettrica per la logistica: si tratta di scelte che vogliamo affrontare, ma attualmente può ancora comportare maggiori costi e quindi se ne discute.

 

Lei è riuscito ad introdurre nell’azienda il modello dell’economia circolare: nella gestione dei vostri impianti cercate di riparare anziché sostituire e smaltire. Come state formando il personale a questo nuovo approccio e come state affrontando il problema dell’utilizzo della plastica nei vostri prodotti?

Il nostro CEO Jean-Pascal Tricoire ha ricevuto quest’anno a Davos il Circular Award: siamo la migliore azienda quest’anno nella trasformazione circolare.  Sotto la sua guida stiamo adottando la circolarità secondo quattro dimensioni. La prima è usare materiali riciclabili, la seconda è creare prodotti che durino più a lungo, cioè che possano essere riparati e rinnovati; la terza è una nuova forma di offerta di gestione dell’energia “as a Service” – ad esempio utilizzando modelli di Energy Performance Contracting –  per vendere, anziché prodotti, risparmio energetico; la quarta è la circolarità nella gestione della supply chain, cercando di produrre meno rifiuti che vadano in discarica, riutilizzando, ad esempio, pallet, scatoloni ed altro.

Mentre la prima e a la quarta dimensione riguardano aspetti piuttosto tattici, la seconda e la terza sono azioni che si legano alla creazione di nuovi modelli di business. Dirò una cosa: l’industria elettrica è circolare da 100 anni, perché noi, e anche altri vendor, abbiamo sempre offerto soluzioni che durano 10, 15, 20 anni… Progettiamo da sempre prodotti che durano a lungo. Come Schneider Electric abbiamo nel mondo 15.000 field engineers: persone che sul campo ogni giorno vanno ad occuparsi di manutenzione preventiva, aggiornamento, assistenza per i nostri clienti. Abbiamo fatto di questo uno dei nostri business – abbiamo una divisione (ESS) focalizzata sui servizi energetici ed è un business redditizio e promettente perché i nostri clienti vogliono passare da CapEx a OpEx, vogliono esternalizzare il più possibile – e vedono nel modello circolare un valore per loro.

 

Se vogliamo parlare di materie plastiche, dirò che noi usiamo principalmente metallo e materie plastiche solo per il 10% del totale dei materiali utilizzati. Ci siamo impegnati a raddoppiare la quantità di plastica riciclata che usiamo entro il 2025 e abbiamo un modello di progettazione, EcoDesign, che ci spinge a utilizzare meno plastica possibile per essere più ecologici. Attualmente, inoltre,  abbiamo anche prodotti realizzati al 100% con policarbonato post-consumo ( policarbonato ottenuto da plastica riciclata); stiamo testando materie plastiche riciclate per applicazioni più impegnative, in cui servono prodotti che devono resistere a scariche elettriche, alte temperature ecc. In passato alcuni tipi di plastica riciclata non soddisfacevano gli standard di qualità IEC, ma ora la tecnologia di riciclo è migliorata. Oggi c’è un mercato ancora limitato in quanto sono disponibili poche materie plastiche riciclate di fascia alta, ma noi assicuriamo ai nostri clienti che useremo sempre e solo plastica riciclata di alta qualità.

Stiamo iniziando a comprendere fino in fondo quale opportunità sia la  sostituzione della materia vergine con la materia prima seconda.

 

In che anno pensate di poter riuscire a sostituire tutta la plastica vergine con plastica riciclata?

Oggi non lo so. Vorrei saperlo davvero, ma posso dire solo che ci siamo impegnati a raddoppiare l’uso di plastica riciclata entro il 2025, e ci riusciremo di sicuro. Stiamo investendo, per aiutare anche la catena dei fornitori, a spingere sulla ricerca per ottenere plastiche riciclate di alta qualità.

Ma c’è anche un altro problema: alcuni tipi di plastiche che sono sul mercato da 20 o 30 anni potrebbero contenere sostanze che oggi non sono più consentite, quindi non possono essere riciclate. Noi spingiamo per usare plastica riciclata, ma la nostra priorità è offrire ai clienti prodotti che durino,  insomma: qualità per i nostri clienti.

 

E sulla formazione del personale?

Vero. Non ho ancora risposto alla sua domanda.  Facciamo parte della fondazione Ellen McArthur e con il loro aiuto abbiamo sviluppato il primo progetto di e-learning dedicato alla circolarità disponibile su larga scala. Oggi tutti i 140.000 nostri dipendenti possono seguire una serie di moduli di formazione sull’economia circolare: ed è il percorso formativo più visto in assoluto sulla nostra piattaforma interna di e-learning. Organizziamo anche molti webinar e conferenze per formare sul tema del procurement, della ricerca e dello sviluppo in questo settore.

 

Mi risulta che lei spesso ponga questa domanda al suo team di lavoro: “Faccio parte della soluzione ai problemi del nostro pianeta o faccio parte del problema?” Alla luce della sua esperienza in Schneider Electric, come risponderebbe?

Quella frase non è mia, ma mi piace e la uso. Dico al mio team che “non è possibile” non è una risposta: noi dobbiamo inventare soluzioni. Non è facile ottenere una plastica riciclata con caratteristiche migliori di quella vergine, ma dobbiamo riuscirci lavorandoci ancora.

 

Ecco, lavorandoci ancora. Quale spazio ha l’innovazione tecnologica  in questo percorso?

Una delle cose su cui ci soffermiamo di più è come aprirci alla collaborazione con le diverse community. Siamo convinti che dobbiamo aprirci maggiormente alle start up, alla collaborazione con altri player, insomma a tutti. In Schneider Electric abbiamo un’iniziativa che si chiama Act for Green: chiediamo a tutti i nostri dipendenti di condividere, in qualunque momento e usando il nostro social network interno, qualsiasi idea abbiano che possa aiutarci a diventare, a tutti i livelli, un’azienda più green.

E’ il crowdsourcing delle idee.

 

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