Rinnovabili

Hedegaard: chi critica il pacchetto 2030 non l’ha capito

Hedegaard: chi critica il pacchetto 2030 non l’ha capito«Chi critica il Pacchetto clima-energia 2030 non ha capito i grandi cambiamenti che innesca». Così il commissario europeo all’Azione climatica, Connie Hedegaard, ha difeso il testo della nuova strategia dell’Ue in campo energetico durante la conferenza stampa di stamattina negli uffici della Commissione a Roma. La tappa italiana del commissario è parte di una serie di meeting che la Hedegaard ha deciso di organizzare con i governi degli Stati membri anche se, ha tenuto a sottolineare, nel nostro Paese il faccia a faccia con i ministri Orlando e Zanonato ha un sapore particolare. Il primo è stato infatti fra i primi a chiedere un superamento degli obiettivi contenuti nella direttiva 20-20-20.

Inoltre c’è all’orizzonte il semestre di presidenza italiana dell’Ue, fatto che mette il Belpaese sotto l’occhio di bue del mondo anche per quanto riguarda le politiche ambientali. Perciò il commissario ha ribadito che «essere al vertice dell’Unione dal prossimo giugno, è una grande opportunità per l’Italia. Ma comporta anche grandi responsabilità». Che tradotto suona come una esortazione ad allinearsi per primi agli obiettivi contenuti nella nuova direttiva. Perché se così non fosse, in termini di immagine (e non solo) avremmo parecchio da perdere.

 

Se l’Europa dunque cerca una sponda nella politica italiana per attuare i progetti in campo energetico, di certo non l’ha trovata nel mondo associativo. Le Ong non sembrano per nulla soddisfatte dal pacchetto, ritenuto troppo poco ambizioso e del tutto inadeguato al raggiungimento di un -95% delle emissioni di gas serra entro il 2050. Il dito degli ambientalisti è puntato contro l’assenza di vincoli più stretti al raggiungimento dei traguardi che l’Unione si pone al 2030. Infatti, se la riduzione delle emissioni del 40% rispetto al 1990 è misura vincolante, e da attuare a livello nazionale, non può dirsi altrettanto dell’aumento del consumo di energia rinnovabile. La quota da toccare è il 27%, agendo però a livello comunitario, concedendo così agli Stati una certa flessibilità sulle modalità con cui convertire il sistema energetico; flessibilità che si riscontra anche sul versante dell’efficienza energetica, per la quale non esistono obblighi.

 

«La volontà di lasciare spazio di manovra ai singoli Stati ci pare una scelta giusta – ha commentato il commissario Hedegaard – per una semplice ragione. Ciascun governo sarà libero, in questo modo, di agire più sul fronte delle rinnovabili o, al contrario, più su quello dell’efficienza. Non tutti hanno le stesse possibilità o le stesse strategie, e ciò che importa è arrivare a un risultato comune».

Parole che non soddisfano le associazioni ambientaliste, che spingevano per un 55% di riduzione della CO2, il 45% di rinnovabili e l’inserimento di un vincolo per gli Stati membri proprio su quest’ultimo punto. Alcune – come Legambiente – suggerivano anche una riduzione del consumo di energia del 40%, per portare avanti una reale transizione verso l’economia low carbon.

 

Proteste, anche se di segno opposto, vengono anche dai produttori di energia tradizionale. Per questi ultimi il pacchetto sarebbe troppo azzardato e rischierebbe di penalizzare l’economia italiana oltre ad appesantire le bollette della cittadinanza.

«Se abbiamo scontentato tutti – scherza Hedegaard – significa che abbiamo fatto un buon lavoro. Vorrei dire agli ambientalisti che non si può ritenere questo piano troppo poco ambizioso. In fondo chiediamo di raddoppiare il taglio dei gas climalteranti, passando dal 20% del periodo 1990-2020 al 40% in un solo decennio. L’obiettivo mi pare, al contrario, molto ambizioso, ma al contempo realistico».

 

Hedegaard: chi critica il pacchetto 2030 non l’ha capitoE il commissario non lesina obiezioni anche nei confronti delle critiche che accusano il Pacchetto clima-energia 2030 di abbattere la competitività di molte imprese: «Noi vogliamo che il tema dell’energia superi i confini nazionali, cerchiamo un approccio europeo. È importante dotarci di parametri comuni per godere di una energia più economica. Vale la pena investire in questo salto dimensionale. Soprattutto se pensiamo che l’Italia spende ogni anno 62 miliardi di euro per importare, dalla Russia e dal Medio Oriente, energia ottenuta da fonti fossili».

Secondo Connie Hedegaard quei soldi si potrebbero risparmiare, o meglio investire in strategie di più ampio respiro, di modo da creare posti di lavoro nel settore verde e dentro i confini europei.

«Ecco come si può trovare un nesso fra crisi economica e crisi climatica – ha detto – e come si possa dare un contributo alla risoluzione di entrambe agendo a livello comunitario sulle politiche energetiche».

 

Resta da capire se gli Stati membri saranno capaci di mettersi d’accordo e di respingere le pressioni dei gruppi di interesse “tradizionalisti”. Il punto nodale è infatti l’assenza di sanzioni per il mancato raggiungimento degli obiettivi contenuti nel pacchetto. Senza contare il sostanziale accantonamento della questione, pure imprescindibile, dell’efficienza energetica per mitigare il cambiamento climatico. Il commissario lascia aperto uno spiraglio, accennando alla seduta del Consiglio europeo prevista per il 20-21 marzo; qui, spiega, potrebbe esserci margine per apportare modifiche alla direttiva. Ma sarebbe un azzardo scommettere sull’approvazione di qualche vincolo in più.

Exit mobile version