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UE: 300mln per le rinnovabili africane. Sono tutti progetti sostenibili?

UE: 300mln per le rinnovabili africane. Sono tutti progetti sostenibili?

 

(Rinnnovabili.it) – La Commissione europea ha annunciato in questi giorni che fornirà 300 milioni di euro all’Africa Renewable Energy Initiative (AREI), l’organizzazione lanciata dall’Unione Africana nel 2015 per facilitare lo sfruttamento delle risorse rinnovabili nel Continente.

L’iniziativa mira a istallare almeno 10 GW di nuova capacità verde entro il 2020, mobilitando il potenziale africano verso l’obiettivo dei 300 GW al 2030. Bruxelles così come gli Stati membri e le istituzioni bancarie dell’UE si sono impegnati a sostenere AREI attraverso nuovi e vecchi strumenti finanziari. I primi fondi comunitari elargiti sono destinati al cofinanzimento di 19 progetti che a regime dovrebbero garantire 1,8 GW di nuova capacità rinnovabile.

L’annuncio è stato dato in anteprima dal Commissario per la Cooperazione Internazionale e lo Sviluppo, Neven Mimica, durante il secondo Consiglio di Amministrazione dell’AREI lo scorso 4 marzo. “Con il lancio di questi 19 nuovi progetti, per un valore di 4,8 miliardi di euro di investimenti, l’Unione europea mantiene le sue promesse. Trasformiamo gli impegni presi in progetti concreti che producono effetti concreti sul campo”, ha commentato soddisfatto Mimica. “In tal modo, l’UE ribadisce il suo ruolo in prima linea per sostenere l’Africa nel promuovere le rinnovabili al fine di migliorare l’accesso all’energia dei cittadini africani”.

 

Ad oggi tuttavia non è stato fornito alcun dettaglio sulla tipologia degli impianti. In teoria l’organizzazione promuove tutti i tipi di tecnologie green, dal fotovoltaico all’eolico, passando per idroelettrico, biomasse, geotermia ed energia marina. Ma alcune tecnologie, nonostante l’etichetta di “energia pulita” corrono il rischio di rivelarsi meno sostenibili del previsto.

 

È il caso, ad esempio, del progetto Olkaria, in Kenya, l’impianto geotermico più grande dell’Africa. Il progetto ha attirato le attenzioni di diversi investitori stranieri, tra cui la Banca Europei per gli Investimenti (BEI), la tedesca KFW Development Bank e la French Development Agency. Ed è a loro che oggi un nutrito gruppo di attivisti scrive per denunciare le criticità che stanno accompagnando i lavori di realizzazione.

Il 15 febbraio 2017, la Kenya Electricity Generating Company (KenGen) – promotore del progetto – ha sporto  querela alla Corte Suprema del Kenya a Nakuru contro i membri di quattro villaggi Maasai che erano stati reinsediati nel 2014 durante i lavori. Un atteggiamento intimidatorio secondo Bankwatch Network e le altre associazione, che originerebbe dalla disputa sui territori. A seguito dello spostamento forzato in terre non adatte alla pastorizia (il loro strumento di sostentamento principale) infatti, i capi dei villaggi colpiti avevano presentato una denuncia presso il panel di ispezione della Banca mondiale e della BEI. “Siamo profondamente preoccupati – scrivono le ONG – che KenGen possa aver avviato questa causa punitiva contro queste persone in risposta alla loro legittima espressione di preoccupazione per quanto riguarda continui fallimenti della conformità del progetto”.

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