Se non produrranno alterazioni nella temperatura delle acque attualmente sfruttate dalle Terme di Comano a scopo terapeutico, anche nell’abitato di Ponte Arche potrebbero essere installate in un prossimo futuro sonde geotermiche a circuito chiuso. A chiedere l’autorizzazione ad installare tale tipo di impianti è il Consorzio elettrico industriale di Stenico (Ceis), interessato a promuovere la produzione di energia da fonti rinnovabili da utilizzare per la propria sede amministrativa. L’autorizzazione arriverà però solo dopo un periodo di sperimentazione di 4 anni al quale la Giunta provinciale ha dato oggi il via libera.
La zona di Ponte Arche figura attualmente tra le aree soggette a divieto assoluto di installazione di sonde geotermiche in quanto classificata come “area potenzialmente interessata da manifestazioni geotermiche, idrotermali o minerali”. Alla luce di nuove conoscenze geologiche ed idrogeologiche acquisite successivamente alla stesura della prima “Carta delle limitazioni all’installazione di sonde geotermiche a circuito chiuso”, tale divieto potrebbe però cadere. Tutto dipenderà dall’esito delle due fasi di sperimentazione programmate dal Servizio Geologico: nella prima fase, che durerà circa 6 mesi, verrà realizzato e messo in funzione un impianto costituito da una sola sonda geotermica, che verrà ubicata nella parte centrale dell’abitato di Ponte Arche; se non verrà rilevata alcuna anomalia nella temperatura delle acque del sottosuolo oggi sfruttate dalle terme, si passerà alla fase 2, aumentando il numero delle sonde (fino a 5) il cui funzionamento si protrarrà per un periodo di tre anni. Verificati i nuovi dati raccolti e se sarà dimostrata la non interferenza tra lo sfruttamento geotermico con pompe di calore a circuito chiuso e l’acquifero che alimenta le Terme di Comano, sarà valutata la fattibilità di una revisione dell’area di limitazione e le sonde geotermiche potranno quindi essere autorizzate.
Le richieste da parte di privati e soggetti pubblici all’installazione di sonde geotermiche sono in Trentino 15-20 all’anno, per impianti che vanno da 1 a 4 sonde. Un trend – si fa notare al Servizio Geologico della Provincia autonoma di Trento – che si mantiene costante nonostante la crisi economica. (cz)