Secondo gli esperti dal suolo vulcanico si potrebbe sviluppare fino al 10% della produzione di elettricità, soprattutto nella fascia tirrenica centro-meridionale.
(Rinnovabili.it) – Il Belpaese ha tutte le carte in regole per assumere la leadership mondiale nel campo della geotermia a basso impatto ambientale, se non addirittura nullo. Il perché lo hanno spiegato i protagonisti del convegno internazionale “Sustainable Geotermal Exploitation in Urbanised Environments: the Southern and Central Italy volcanic areas”, in corso da ieri a Napoli. L’evento organizzato dall’Università Parthenope e dall’INGV, nella sua prima giornata ha messo in evidenza potenzialità ed ostacoli di un settore ancora tutto da esplorare. Dal suo suolo vulcanico, infatti, l’Italia potrebbe sviluppare fino al 10% della produzione di elettricità, soprattutto, secondo gli esperti, nella “vocalissima” fascia tirrenica centro-meridionale. Per fare un paragone esplicativo, si tratterebbe della stessa potenza che avrebbero sviluppato le quattro centrali nucleari su cui puntava il precedente Governo.
E se a rallentare fino ad oggi è stata la volontà politica, già si avverte un rinnovato trend. Sempre più spesso si parla di reimmissione dei fluidi geotermici e dalla creazione di piccole -medie centrali a circuito chiuso, generazione tecnologica che prende le distanze dalle “vecchie e inquinanti” installazioni. Ma all’Italia tocca ora tenere il passo con tutti quei paesi che hanno maggiormente investito nel geotermico e che continueranno a farlo. “L’Islanda – ha spiegato G.O. Fridleifsson del progetto Iceland Deep Drilling – stima di poter produrre una potenza di 100.000 MW nei prossimi 50 anni con la geotermia”. Stessa storia per la Francia conta di moltiplicare per sei, da qui al 2020, la quantità di energia ottenuta dal calore del sottosuolo, generando anche una quantità tale da riscaldare 2 milioni di abitazioni.