(Rinnovabili.it) – La chiave tecnologica per una geotermia più diffusa e performante potrebbe essere racchiusa nell’acido desossiribonucleico. Secondo i risultati di uno studio condotto da alcuni scienziati di Stanford, la combinazione di DNA sintetico con particelle microscopiche di tracciamento (nanotracers) potrebbe permettere di migliorare la valutazione delle risorse geotermiche a livello mondiale.
L’accostamento è insolito ma lo scienziato Yuran Zhang, primo autore della ricerca, è convinto di aver trovato un nuovo modo per esplorare i serbatoi sotterranei. “Attualmente, nonostante i progressi nel campo dell’imaging sismico, dei test traccianti e di altre tecnologie di rilevamento, le reti sotterranee di fessure e fratture attraverso cui si muove il calore, sono poco conosciute”, afferma Zhang. “I nano-traccianti sono in grado di trasportare con sé molte più informazioni circa il serbatoio, dalla distribuzione della temperatura alla geometria della frattura”.
L’idea arriva dalla sperimentazione medica si sta iniziando a testare la somministrazione di farmaci incapsulati all’interno di nano particelle che si schiudano nel corpo raggiunta una determinata temperatura.I nanotracers geotermici dovrebbero funzionare sostanzialmente nello stesso modo, consentendo ai ricercatori di mappare meglio le fonti di calore sotterranee. Tuttavia da soli possono produrre risultati confusi. Gli scienziati mescolano i traccianti con l’acqua che scorre nel pozzo di iniezione e quindi monitorare i pozzi di produzione, dove dovrebbero spuntare dopo circa un mese. Ma le particelle potrebbero rimanere intrappolate o essere distrutte; o ancora potrebbero essere avanzi di un test precedente.
“L’aggiunta di DNA alle particelle risolve in gran parte questo problema”, ha detto Zhang. “Il DNA ha un numero quasi infinito di sequenze. Con la codifica di ogni partita di traccianti con una firma di DNA unico, potremmo ottenere un quadro molto più chiaro della distribuzione della temperatura e della geometria del sottosuolo. I risultati di questo studio iniziale rappresentano un significativo passo verso il nostro obiettivo di caratterizzare risorse geotermiche che sono attualmente difficili da sfruttare”.