(Rinnovabili.it) – Dopo il via libera ricevuto in primavera dal Comune di Napoli, i ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) sono passati all’azione. Il ‘Campi Flegrei Deep Drilling Project’ ha, infatti, dato inizio qualche giorno fa a primi lavori di perforazione nell’area della spianata dell’ex italsider di Bagnoli Futura. “La parte del progetto – spiega l’Istituto – che è stata per ora pianificata e autorizzata è la realizzazione di un carotaggio, ossia un pozzo con estrazione di campioni di roccia, fino a 500 metri di profondità; tale profondità è simile o poco superiore agli usuali carotaggi utilizzati per la calibrazione delle mappe geologiche, anche nella stessa area”.
Come confermato dal coordinatore del progetto Giuseppe De Natale all’Ansa, i ricercatori sono arrivati a toccare il tufo giallo espulso dall’eruzione di 15.000 anni fa e con uno spessore stimato di un centinaio di metri. Nel primo pozzo-pilota saranno effettuati test importanti, tra cui l’installazione di sensori a fibre ottiche per il monitoraggio delle deformazioni e delle variazioni di temperatura, utili anche a monitorare l’attività sismica dei Campi Flegrei. L’obiettivo dell’Ingv è quello di conoscere a fondo questo supervulcano, mitigandone il rischio nell’area flegrea attraverso un miglioramento della conoscenza della struttura e dei meccanismi di attività e studiando la possibilità di sfruttare i fluidi geotermici a scopi energetici.
Contro il progetto si schiera la coalizione ‘Salviamo i Campi Flegrei – No alle trivellazioni’ nata dall’iniziativa di Eduardo De Crescenzo insieme i Verdi, Insorgenza civile, il movimento Vanto, Comitati Due Sicilie, Movimento Neoborbonico, Comitato civico Fuorigrotta vivibile, Insieme per la rinascita e L’altoparlante. Per spiegare le ragioni della loro opposizione terranno domani una conferenza stampa di cui alcuni giorni fa si il commissario regionale campano dei Verdi, Francesco Emilio Borrelli ha anticipato i contenuti all’Adnkonos: “l’autorizzazione al progetto da parte della Protezione civile nazionale non esiste. Hanno piuttosto confermato che non c’è un piano di evacuazione, necessario in casi di interventi su una delle caldere tra le più pericolose al mondo”.