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Quale futuro per le rinnovabili greche dopo le elezioni?

Quale futuro per le rinnovabili greche dopo le elezioni?

 

(Rinnovabili.it) – Siamo abituati a sentir parlare di Grecia con riferimento alla crisi e al braccio di ferro tra governo Tsipras e Unione europea. Ma non è meno importante analizzare le ultime elezioni anche dal punto di vista della politica energetica – in particolare riguardo alle rinnovabili – e ambientale.

La prima mossa di Alexis Tsipras, fresco di vittoria elettorale, è stata nominare Panos Skourletis ministro dell’Ambiente e dell’Energia. Dopo un periodo di continui rivolgimenti politici, ora il titolare del dicastero potrebbe avere il tempo di operare per l’intera legislatura, pianificando una serie di riforme che nel precedente mandato non aveva avuto il tempo di consolidare.

Parte di esse è contenuta nel Memorandum of Understanding (MoU) imposto al Paese dall’Unione europea. Il documento obbliga la Grecia a definire una nuova strategia energetica rinnovabile (RES), da adottare entro la fine dell’anno. Inoltre, il Paese sarà tenuto a liberalizzare il mercato dell’energia.

 

Quale futuro per le rinnovabili greche dopo le elezioni? 2Lo Stato, ad oggi, genera il 93% dell’energia primaria tramite combustibili fossili: in particolare, la lignite conta per il 70% delle forniture di elettricità. Il carbone, al momento, è un combustibile che consente alla Grecia di mantenere un buon livello di sicurezza energetica e di stabilità del bilancio fiscale. Tuttavia, dalle conclusioni di un rapporto IEA e di un successivo studio del WWF sulla nuova centrale di Ptolemaida e sull’impianto di Meliti, emerge un quadro diverso: un mix energetico basato sulla produzione da carbone rappresenterebbe un’opzione estremamente costosa e insostenibile in termini sociali ed economici. Le spese sanitarie dovute alle malattie provocate da questi impianti valgono 4 miliardi di euro l’anno. Sempre secondo i dati WWF, le fonti rinnovabili sarebbero già altamente competitive con il carbone.

Il governo Papandreou, nel 2010, si era impegnato per un obiettivo di generazione elettrica da fonti rinnovabili pari al 40% entro il 2020. Un target fuori misura per la Grecia, in special modo dopo i vincoli di bilancio imposti a livello europeo. Ora a Syriza tocca il difficile compito di far propria una strategia energetica scritta da altri: il governo ha mosso un primo passo con l’introduzione dello scambio sul posto per chi autoproduce energia elettrica, nella speranza di stimolare un maggior ricorso al fotovoltaico.

 

Il futuro sviluppo delle energie rinnovabili dipenderà anche dalle trasformazioni dei mercati di produzione, trasmissione e distribuzione dell’energia imposte dal MoU. Atene dovrà attenersi ad alcuni requisiti fondamentali: entro il 2020, limitare al 50% la quota massima di energia elettrica totale che una singola impresa può produrre o importare, ad esempio. Un tentativo, questo, di sottrarre la rete elettrica alla Public Power Corporation (PPC), partecipata dallo Stato per 51% e distributrice del 75% dell’energia prodotta. Inoltre, le disposizioni europee chiedono di permettere agli utenti di cambiare fornitore di gas entro il 2018.

La misura in cui il governo obbedirà alle richieste è ancora tutta da vedere: il ministro Skourletis ha infatti già annunciato la volontà del governo di mantenere in mano pubblica la maggioranza di PPC.

Ulteriori misure contemplano la graduale abolizione del rimborso delle accise sui carburanti per gli agricoltori e la sostituzione dello sconto del 20% per gli utenti ad alta intensità energetica con tariffe legate ai costi marginali.

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