(Rinnovabili.it) – La compagnia petrolifera Sonatrach non interrompe le sue ricerche di shale gas nel sud dell’Algeria, nonostante le proteste di persone e organizzazioni preoccupate dei pericoli connessi all’uso del fracking. Lo ha confermato oggi l’amministratore delegato della società, Said Sahnun.
Secondo Sahum, i lavori sono già in fase avanzata ed entro pochi giorni la perforazione del secondo pozzo pilota sarà completata nella località di Ahnet, a sud di In Salah.
«Siamo in procinto di concludere le operazioni, è questione di giorni – ha fatto sapere – Quando avremo terminato, l’impianto di trivellazione sarà trasportato in un altro luogo di esplorazione che è già stabilito». Ma il manager, si è guardato bene dallo specificare il nome. Teme di incontrare gli attivisti e i cittadini delle prossima comunità ad attendere l’azienda con cortei e proteste. È dalla fine di dicembre, infatti, che gli abitanti della regione meridionale di Tamanrasset, e in particolare l’oasi di In Salah, protestano contro lo sfruttamento del gas da scisti, convinti che il metodo di estrazione comporti una minaccia per l’ambiente e la salute.
Il primo ministro algerino Abdelmalek Selal, giorni fa aveva appoggiato i carotaggi, dichiarando che il suo obiettivo era quello di «far conoscere le potenzialità dell’Algeria nel campo degli idrocarburi non convenzionali, in un Paese con alta dipendenza dal commercio di petrolio».
Lo sfruttamento dello shale gas, infatti, darebbe respiro all’economia algerina colpita dal crollo verticale del prezzo del petrolio. I pozzi di In Salah servono a raggiungere il bacino dell’Ahnet, che secondo gli ingegneri della Sonatrach (l’azienda statale degli idrocarburi) conterrebbe almeno 200mila miliardi di metri cubi di gas. In realtà solo il 10% di queste riserve sono estraibili con certezza. Il progetto prevede la realizzazione, in totale, di cinque pozzi. L’arrivo del gas sul mercato è atteso fra 3 anni. Il ricorso al fracking, costosissima tecnica di trivellazione del suolo, è disponibile grazie all’investimento della francese Total, partner della Sonatrach nell’operazione. Nonostante il divieto in patria, il colosso energetico pare aver trovato il suo sbocco per fare fracking nel territorio della ex colonia. Sempre che l’opposizione pubblica non diventi un osso troppo duro da rodere.