(Rinnovabili.it) – Il celebre Massachusetts Institute of Technology (MIT) cambia approccio di ricerca per poter migliorare la competitività della tecnologia fotovoltaica. Se fino a ieri ingegneri e scienziati dei materiali si erano dedicati con convinzione all’aumento dell’efficienza di conversione o sulla riduzione del costo di produzione, al MIT si è inaugurato un nuovo registro d’indagine che vede al centro delle sperimentazioni lo spessore della cella stessa.
L’ingegnere Jeffrey Grossman e il suo team hanno, infatti, deciso di passare dal 3D al 2D concentrandosi sulle potenzialità di materiali bidimensionali come il grafene che, essendo costituito da uno strato monoatomico di atomi di carbonio, ha lo spessore equivalente alle dimensioni di un solo atomo.
“L’utilizzo di due strati bidimensionali – spiega Grossman – potrebbe portare alla produzione di celle solari con il 1-2 per cento di efficienza, un valore sicuramente basso rispetto al 15-20% dei tradizionali dispositivi in silicio, ma pur sempre ottenuto con un materiale che è migliaia di volte più sottile e più leggero della carta velina”. La sovrapposizione di diversi di questi strati potrebbe aumentare inoltre l’efficienza in modo significativo. Senza contare che i materiali 2D risultano molto meno costosi del silicio altamente purificato. Il lavoro del team è ancora solo all’inizio: attualmente sta valutando le potenzialità del disolfuro di molibdeno e del molibdeno diselenide al fine di produrre i celle più sottili e più leggere possibili. L’obiettivo? Riuscire a produrre su larga scala celle da 20 a 50 volte più sottile di quelle in commercio.