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Il primo solare in perovskite in grado di resistere al caldo umido

I ricercatori KAUST hanno creato la prima cella solare in grado di mantenere il 95% della sua efficienza iniziale dopo 1.000 ore in un ambiente con l'85% di umidità e a 85°C

solare in perovskite
Credits: King Abdullah University of Science and Technology

Nuovi progressi per il solare in perovskite

(Rinnovabili.it) – Era già efficiente, economico, facile da produrre ed integrare. Da oggi il solare in perovskite è anche in grado di sopportare il caldo. Specialmente quello umido, fino a ieri tallone d’Achille della tecnologia. Il merito è dei ricercatori della Università King Abdullah per la Scienza e la Tecnologia (KAUST), in Arabia Saudita. Qui un team, guidato dal ricercatore Randi Azmi, ha scoperto come stabilizzare le celle fotovoltaiche in perovskite mantenendo alta, nel contempo, l’efficienza di conversione. 

Per loro natura i film di perovskite 3D sono fortemente sensibili ad agenti esterni, come l’umidità e le alte temperature. Questa vulnerabilità costituisce una seria barriera commerciale. Per poter raggiungere il mercato, infatti, le celle fotovoltaiche devono superare una serie di test, tra cui quelli di invecchiamento ambientale accelerato. I dispositivi sono sottoposti a stress in maniera intensiva per simulare l’usura e il deterioramento naturale in un lasso di tempo molto più breve di quello reale.

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Uno di questi, è per l’appunto, il test caldo-umido: gli esperti sottopongono i moduli fotovoltaici ad un ambiente estremamente caldo (sopra gli 85°C) con tasso di umidità dell’85% per ben 1.000 ore.

Per il solare in perovskite questa prova ha costituito sempre un grande scoglio. Ma il team del KAUST ha trovato una strada con cui evitare il problema. Nel dettaglio gli scienziati hanno scoperto come la progettazione e l’introduzione di strati di passivazione 2D in perovskite sulla superficie di quella 3D, fossero in grado di bloccare l’umidità. E, contemporaneamente, migliorare l’efficienza di conversione e la durata. Questo strati bidimensionali – spiegano gli scienziati nello studio – sono formati a temperatura ambiente con molecole di ioduro di olelammonio.

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Il risultato? Le celle convertono il 24,3% della luce incidente e mantengono oltre il 95% di questa efficienza iniziale dopo oltre 1000 ore di test caldo-umido. La ricerca è stata pubblicata su Science (testo in inglese).