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Risen Energy, quando l’innovazione tecnologica guida l’energia fotovoltaica

energia fotovoltaica
Credits: Risen Energy

Articolo pubbliredazionale

(Rinnovabili.it) – Il 2022 ha rappresentato l’ennesimo anno d’oro del fotovoltaico. I dati della IEA-PVPS stimano per lo scorso anno 240 GWp di nuova potenza installata a livello globale. Ben 65 GW in più del risultato record ottenuto nel 2021. Al di là delle nuove esigenze e opportunità della transizione energetica, il vero carburante propulsivo della crescita solare è da sempre l’innovazione tecnologica. Un elemento ancor più fondamentale oggi che il mercato si trova a fare conti con rincari nel prezzo del polisilicio, dal momento che i miglioramenti prestazionali (di celle, moduli e impianti) rappresentano la condizione sine qua non per ottenere prodotti con un buon rapporto costo-efficienza. Tagliando di conseguenza l’LCOE e i costi di bilanciamento degli impianti (BoS).

Secondo recenti analisi di mercato, il settore ha imboccato una strada precisa. Una strada fatta di componenti ad alta potenza e grandi dimensioni (ma spessori ridotti) assieme ad architetture cellulari in grado di ottenere il massimo dai semiconduttori impiegati. La tecnologia predominante? Quella dei moduli di grandi dimensioni realizzati con celle solari da 210 e 182 mm, che da soli hanno ormai conquistato oltre l’80 per cento del mercato fotovoltaico. Quota che dovrebbe raggiungere il 93,2 per cento entro la fine di quest’anno (dati della China Photovoltaic Industry Association).

I formati più grandi garantiscono una riduzione dei costi per investitori e sviluppatori ma sono altrettanto sicuri e affidabili? Una nuova ricerca condotta da Risen Energy ha dimostrato di sì. La società, che oggi si occupa di ricerca e sviluppo ed è tra le più grandi aziende manifatturiere del comparto fotovoltaico, ha messo alla prova la resistenza ai carichi termomeccanici dei suoi moduli Titan da 2384×1303 mm composti da mezze celle da 210 mm (modulo 210-66 celle).

Per l’industria si tratta di un aspetto fondamentale: i pannelli, a seconda dell’orientamento, subiscono naturalmente diverse sollecitazioni durante la vita operativa. Elementi, ad esempio, come neve e vento rappresentano fattori di stress non indifferenti, che a lungo andare rischiano di danneggiare il telaio o provocare microfessure nelle celle in prodotti non accuratamente progettati.

Per smentire i timori legati ad una maggiore deformazione meccanica in corrispondenza di una maggior superficie, la Risen Energy ha confrontato le prestazioni dei moduli più grandi, basati su mezze celle da 210 mm (2384×1303 mm), con quelle dei moduli più piccoli composti da mezze celle da 182 mm  (2278×1134 mm).

 I test, condotti presso un laboratorio certificato China National Accreditation Service for Conformity Assessment, hanno mostrato risultati ben più che soddisfacenti. Non solo, infatti, non si è registrata alcuna differenza in termini di deformazione – nelle stesse condizioni di carico – tra i due prodotti quando dotati di un telaio in alluminio, ma addirittura quelli più ampi hanno mostrato una deformazione significativamente inferiore sostituendo l’alluminio con l’acciaio.

Queste ultime strutture di sostegno vantano eccellenti prestazioni anche sotto stress dinamico. I moduli con telaio in acciaio legato ad alta resistenza di Risen Energy sono in grado di resistere a condizioni meteo estreme. Testati nella galleria del vento dal Centro di certificazione CGC di Pechino, hanno sopportato raffiche di livello 18, pari ad una velocità di 61,7 m/s, senza perdere di affidabilità ed efficienza. Il risultato rappresenta un vantaggio concreto per l’adattabilità del fotovoltaico solare ai mutevoli modelli meteorologici di oggi. Ed è grado di far avanzare l’orizzonte tecnologico del solare garantendogli uno spazio in siti fino a ieri preclusi per condizioni ambientali più estreme. Non solo. L’adozione di telai in acciaio legato ad alta resistenza aiuta anche il settore a ridurre ulteriormente la propria impronta, dal momento che questa lega, a differenza dell’alluminio, è una risorsa abbondante e la sua lavorazione è meno energivora.

D’altra parte l’impegno per l’innovazione e la sostenibilità sono da sempre parte del DNA di Risen Energy. Lo dimostrano i grandi risultati raggiunti anche sul fronte della resa energetica dei pannelli. In questi mesi la società ha alzato ulteriormente l’asticella e attraverso la sua unità di ricerca e sviluppo ha tagliato un nuovo traguardo mondiale con la tecnologia dei moduli a eterogiunzione (Heterojunction technology – HJT).

Di cosa si tratta? A conti fatti della migliore opzione per aumentare l’efficienza del silicio ai massimi livelli. Si tratta di una speciale giunzione  p-n che combina due diverse soluzioni all’interno della stessa unità: una cella solare in silicio monocristallino inserita tra due film sottili in silicio amorfo. Questo approccio “ibrido” assicura una maggiore raccolta di energia e dunque una resa più elevata. Inoltre le celle solari ad eterogiunzione possono essere prodotte con un arco conduttivo su entrambi i lati, consentendo un fattore di bifaccialità superiore al 90%. Oltre a vantare un numero inferiore di fasi nel processo produttivo rispetto una cella tradizionale.

Con la sua serie Hyper-ion HJT, Risen Energy ha raggiunto una potenza massima di 741,456 W e un’efficienza del modulo di ben 23,89%. Il risultato, certificato in maniera indipendente da TÜV SÜD, rappresenta un un nuovo record mondiale. Merito di un ampio know-how e un incessante lavoro di ottimizzazione. Nel dettaglio i ricercatori dell’azienda hanno apportato una serie di migliorie, dal wafer ultrasottile alla tecnologia zero busbar, dall’interconessione Hyper-link a basso contenuto di argento all’innovativo materiale di incapsulamento. Il modulo presenta inoltre un coefficiente di temperatura estremamente stabile, un’elevata bifaccialità fino all’85% ±10%, ed è in grado di mantenere oltre il 90% la sua potenza originale dopo 30 anni di utilizzo. Per questi pannelli la società impiega le sue celle ultrasottili da 100 μm leader del settore e un processo a bassa temperatura che si traduce in una impronta di carbonio inferiore a 400 kg eq CO2/kWc, valore molto al di sotto della media di mercato.

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