(Rinnovabili.it) – Aumenta la produzione di energia da fonti rinnovabili in Germania. La nazione alle prese con un Energiewende (il piano di transizione energetica) dai progressi altalenanti, compie un nuovo passo avanti verso i suoi obiettivi low carbon.
Mentre il carbone cerca di tenere stretto il suo 40% del mix tedesco, le fonti alternative guadagnano nuovi punti percentuali sotto la spinta della German Renewable Energy Act (EEG), il provvedimento nato nel 2014 per dare supporto alla produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili e all’estrazione del gas. Nel dettaglio, nel primo trimestre del 2017, le green energy hanno prodotto il 35 per cento dell’elettricità “made in Germany”. Un valore da primato per il paese che, nonostante sia appena due punti percentuali sopra la media del 2016, nasconde al suo interno ulteriori picchi record. Un esempio? Dal 20 al 28 febbraio la produzione elettrica da rinnovabili non è mai scesa sotto il 48,5 per cento. E se nella media si include anche il secondo trimestre, si raggiunge facilmente una percentuale sopra il 37. I valori di giugno, poi parlano da soli.
L’anno è ancora lungo e fare un raffronto potrebbe essere prematuro, ma i dati sembrano dare parzialmente ragione alla strategia governativa. Berlino ha da poco messo mano alla EEG 2014 per riformarla in base alle ultime indicazioni europee e con l’obiettivo di ridurre i costi dell’energia rinnovabili per i consumatori tedeschi. L’obiettivo a lungo termine è di raggiungere un 80 per cento di energia pulita nel consumo energetico lordo al 2050. Tuttavia, per Greenpeace Germania, la nazione ha tutte le carte in regola per centrare il target con venti anni di anticipo. Nello studio commissionato agli analisti berlinesi di Energy BrainPool si affronta un nuovo scenario energetico impostato attraverso un “piano d’azione ambizioso, ma realizzabile” in cui si avrebbe un mix elettrico al 2030 fatto all’80 per cento da fonti alternative e per il restante 20 per cento da centrali a gas naturale.
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Il documento punta i riflettori su quella che viene chiamata “la grande depressione fredda”, una fase che secondo gli analisti si presenta ogni due anni in cui per più di due settimane a causa delle condizioni meteorologiche la produzione di vento e solo non riesce a soddisfare la domanda. Per questi carenze di approvvigionamento legate al clima, gli autori sottolineano che l’unica soluzione è rappresentata da opzioni di flessibilità e di tecnologie di storage a lungo termine.