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Il futuro energetico dell’Australia? Tecnologicamente neutro

Per tagliare le emissioni e garantire la sicurezza energetica, l'Australia vorrebbe aggrapparsi alle tecnologie di cattura della CO2. Un piano che farebbe lievitare i consumi di carbone

(Foto di REUTERS/David Gray)
(Foto di REUTERS/David Gray)

 

Rinnovabili e carbone, l’Australia scegli un futuro energetico contraddittorio

(Rinnovabili.it) – Come riuscire a far convivere una delle fonti energetiche più inquinanti al mondo con l’impegno preso a livello globale di tagliare le emissioni inquinanti e favorire una transizione energetica low carbon? L’Australia la risposta se la sarebbe già data, senza troppe difficoltà, con solo due parole “fuel-neutral”. Lì dove il termine “neutrale” fa riferimento alla volontà di non favore una tecnologia energetica rispetto ad una altra se in entrambe in grado di ridurre il bilancio di carbonio. Questo per lo meno è il compromesso raggiunto da Alan Finkel, l’esperto incaricato dal governo di Canberra di revisionare il nuovo Piano sulla sicurezza energetica australiana.

 

Nonostante Finkel si spenda in parole positive per le energie rinnovabili e i sistemi d’accumulo, il suo piano e il nuovo meccanismo “clean energy target” allegato, gettano un’ancora di salvezza all’industria del carbone, oggi in gravi difficoltà.

La revisione dello scienziato mostra per le tradizionali centrali termoelettriche, in realtà, un futuro ancora più roseo di quello  che avrebbero in uno scenario “business as usual”. E il tutto a discapito, più che altro, del settore del gas. Ma se l’obiettivo di partenza dello studio era di garantire la sicurezza energetica riducendo le emissioni, come è possibile che il carbone ne esca rafforzato? L’inghippo è tutto nelle parole fuel neutral, che aprono le porte ad ogni applicazione su larga scala delle tecnologie di carbon capture and storage (CCS). In altre parole, anche se non corrette, al carbone pulito.

 

Finkel ha chiesto al governo di fissare un “obiettivo di energia pulita” per incoraggiare gli investimenti in una “generazione energetica affidabile”, che comprende tuttavia anche gli impianti di CCS. Nello scenario elaborato dall’esperto, nel 2050 il carbone fornirebbe il 26 per cento della produzione di energia elettrica nazionale; allo stato attuale invece, con i vecchi impianti in via di dismissione, nel 2050 il contributo di questa fonte non supererebbe il 19 per cento.

 

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Il resto del mix? Per quella stessa data la modellazione prevede un 63 per cento di energie rinnovabili (idroelettrico escluso) di cui una parte consistente di fotovoltaico sul tetto. Finkel – la cui revisione è stata accolta con entusiasmo dal primo ministro Malcolm Turnbull – sostiene che in questo modo si aiuterebbe a tagliare i costi energetici per famiglie e industrie, rispettivamente del 10 e del 20 per cento.