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Riciclo fotovoltaico, cosa succede ai pannelli a fine vita?

Riciclo fotovoltaico

 

Viaggio nel mondo del riciclo fotovoltaico

(Rinnovabili.it) – L’industria del fotovoltaico è in piena espansione. A fine 2016 risultavano oltre 306,5 GW di capacità cumulata istallata a livello mondiale e il 2017 dovrebbe chiudersi aggiungendo al totale altri 80 GW solari. Le previsioni per il futuro sono ancora più rosee: per il 2050 è atteso un aumento del 1800% della capacità istallata.

Di fronte a una crescita così intensa, c’è un elemento che non può non essere preso in considerazione: cosa succede ai moduli fotovoltaici una volta raggiunta la fine della loro vita utile? Entro 34 anni, infatti, il Pianeta si troverà a dover gestire ben 78 milioni di tonnellate di vecchi pannelli. In questo contesto il riciclo fotovoltaico assume un ruolo fondamentale dal momento che questi RAEE, come altri, costituiscono delle vere e proprie miniere urbane. Le migliori tecnologie oggi sul mercato permettono di recuperare un pannello al 98% del suo peso. Nello specifico, da un modulo di 21 kg si possono ottenere in media: 15 kg di vetro (che rappresenta il 70% circa del peso complessivo di ogni unità) 2,8 kg di materiale plastico, 2 kg di alluminio, 1 kg di polvere di silicio e 0,14 kg di rame. Un bottino che non va sprecato.

 

(Previsione dei rifiuti fotovoltaici prodotti in Italia. Fonte ENEA)
Previsione dei rifiuti fotovoltaici prodotti in Italia. Fonte ENEA

 

Una miniera urbana solare

IEA-PVPS e IRENA, l’agenzia internazionale per le energie rinnovabili, hanno calcolato quali siano i benefici economici associati al riciclo fotovoltaico. Se completamente re-iniettato nel circolo economico, il valore del vetro e delle altre materie recuperate prime potrebbe superare i 15 miliardi di dollari entro il 2050.

L’opportunità a portata di mano è impressionante, come si legge nel loro rapporto End-of-Life Management: Solar Photovoltaic Panels, ma per saperla cogliere bisogna essere pronti fin da ora. “Con le giuste politiche e quadri normativi, le nuove industrie che riciclano i vecchi pannelli fotovoltaici possono guidare la creazione di valore economico e costituire un elemento importante nella transizione del mondo verso un futuro energetico sostenibile. Questo porta a nuove opportunità di business per ‘chiudere il ciclo’ nel solare”, scrivono gli autori del documento.

 

Il rapporto suggerisce che, per affrontare il crescente volume di rifiuti e stimolare la creazione di un settore che sappia gestirlo al meglio, è necessario muoversi lungo tre direttrici: adottare efficaci e specifiche norme per i RAEE solari; espandere le infrastrutture di gestione rifiuti esistenti per includere il trattamento dei pannelli fotovoltaici; promuovere una continua innovazione nelle operazioni di trattamento dei pannelli a fine vita.

 

La normativa europea e italiana

Attualmente, almeno in Europa questo percorso è stato già avviato: con la Direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti, la UE ha affidato al produttore stesso la responsabilità dei suoi pannelli nelle fasi di fine vita, inserendo nel prezzo iniziale del bene i costi per il trattamento dei rifiuti. Quattro anni più tardi la Direttiva 2012/19/UE ha introdotto la prima disciplina su smaltimento e riciclo, aprendo le porte a diversi modelli di finanziamento della raccolta differenziata dei pannelli solari. L’Italia, che era già sulla buona strada con le norme del Quarto e Quinto Conto Energia,  ha recepito l’ultimo provvedimento europeo nella primavera del 2014 (Decreto Legislativo 49/2014).

Si è così introdotta la distinzione tra moduli “storici” e “nuovi” e tra “provenienza domestica” e “provenienza professionale”. Il decreto di recepimento stabilisce anche che i produttori di pannelli fotovoltaici possano far fronte ai propri obblighi sia individualmente che collettivamente tramite un Consorzio, senza fine di lucro, riconosciuto dal Ministero dell’Ambiente. Entrambi i sistemi, però, devono dimostrare di essere in possesso delle certificazioni ISO 9011:2008 e 14000, OHASAS 18001 o di un altro sistema equivalente (Istruzioni del GSE).

 

 

COBAT e la filiera del riciclo fotovoltaico in Italia 

In Italia a fare da apripista il Cobat, anticipando addirittura il provvedimento comunitario e strutturando la prima filiera italiana per la raccolta e il riciclo dei moduli fotovoltaici esausti. In seguito all’idoneità ricevuta dal GSE allo svolgimento del servizio per conto di Produttori/Importatori – che comprende anche il riconoscimento delle tariffe incentivanti agli utilizzatori finali – il consorzio è arrivato in soli due anni a rappresentare uno delle più importanti realtà della filiera. Sono gli stessi numeri a parlare: nel 2015 il Cobat ha totalizzato circa 56mila kg di moduli a fine vita. Il dato mostra una contrazione del 20% rispetto al trend degli anni passati imputabile pero unicamente al minore impulso all’installazione a causa della fine degli incentivi in Conto Energia.

Le medesime politiche incentivanti hanno permesso al Consorzio di triplicare tra il 2013 e il 2014 i quantitativi di raccolta, passati dai 22.500 kg ai 70.000 kg, nonostante i moduli fotovoltaici giunti a fine vita da inviare a trattamento fossero ancora limitati. Nell’ultimo biennio Cobat ha comunque gestito discrete quantità di questa tipologia di rifiuto, sia come moduli fallati in produzione, sia come attività di manutenzione, sia come effettivi moduli esausti, realizzando un sistema efficiente e trasparente.

 

Trasparenza e tracciabilità firmati COBAT

Oltre alla manleva dalle responsabilità civili inerenti la gestione dei rifiuti per i Produttori/Importatori di moduli fotovoltaici, il Consorzio garantisce anche la totale tracciabilità, la garanzia finanziaria per i singoli moduli immessi al consumo e un sistema di georeferenziazione dei moduli già attivi sul territorio nazionale.

Il sistema di tracciabilità adottato da Cobat è in grado di monitorare, tramite i codici seriali dei pannelli, il loro intero ciclo di vita, dall’immissione al consumo all’installazione, fino alla disattivazione e all’avvio al riciclo. Cliccando su sole.cobat.it, i Ministeri, le Pubbliche Amministrazioni e lo stesso GSE possono così identificare, in termini di georeferenziazione, i moduli installati che il Consorzio assicura per conto dei propri Produttori/Importatori iscritti.

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