
Come recuperare silicio ad alta purezza dalle celle solari a fine vita? La domanda continua ad assillare l’industria fotovoltaica, soprattutto quella occidentale oggi alla ricerca di una rapida indipendenza dalla supply chain cinese.
La risposta potrebbe arrivare, ora, dall’Australia. Un gruppo di ingegneri dell’University of New South Wales (UNSW) ha studiato un nuovo metodo per isolare metalli preziosi dai sandwich fotovoltaici in grado di minimizzare gli sprechi e aumentare la qualità dell’upcycling. Riducendo anche l’impronta di carbonio del processo di riciclaggio.
Tecnologie di riciclo fotovoltaico, lo stato dell’arte
Gli attuali metodi di riciclo del fotovoltaico in silicio cristallino – semiconduttore dominante sul mercato – prevedono tre fasi:
- smontaggio del modulo fotovoltaico;
- delaminazione ossia la separazione dei diversi strati che compongono il modulo: vetro, incapsulante (solitamente EVA), celle solari e backsheet;
- recupero dei materiali tramite processi termici o chimici.
L’ultimo passaggio è ovviamente il più sfidante a causa delle difficoltà nell’estrarre i metalli preziosi conservando un alto grado di purezza.
L’approccio preferito dal comparto è quello chimico in quanto in grado di offrire una maggiore efficacia nell’isolare selettivamente questi elementi.
“In numerosi casi – spiegano gli scienziati dell’ateneo australiano – l’incisione con soluzioni basiche […](principalmente per la rimozione di Al) seguita da uno o due passaggi di incisione acida è stata impiegata per eliminare lo strato antiriflesso, lo strato di giunzione np e altri elementi come Alluminio, Argento, Rame, Piombo e Stagno”. Ma è qui che arriva il primo problema. Gli acidi usati sono nella maggior parte dei casi tossici e molto pericolosi. Non solo. I reagenti hanno costi elevati.
Un trattamento termico a temperature superiori a 480 °C potrebbe saltare tutti questi ostacoli facilitando il recupero di silicio e altri materiali ad alta purezza. Tuttavia se applicato all’intero pannello, vetro compreso, richiederebbe parecchia energia.
Come recuperare silicio ad alta purezza (99,7%)
In questo contesto il team della UNSW ha trovato un’interessante via di mezzo grazie ad un metodo che combina più processi in sequenza. Nel dettaglio gli ingegneri hanno abbinato la delaminazione idrotermica del vetro ad un successivo trattamento termico a media temperatura a 550 °C per rimuovere gli incapsulanti e i backsheet.
Si legge nella pubblicazione su Resources, Conservation and Recycling:
“Il trattamento termico ha portato a (I) la formazione di particelle submicroniche di lega Stagno-Piombo uniformemente distribuite sulla superficie dei wafer di Silicio e (II) la generazione in situ di Fluoro e un aumento significativo della concentrazione di atomi di Fluoro (mediante decomposizione dei backsheet in polivinilfluoruro – PVF) sulla superficie dei wafer fino a 300 nm. L’infiltrazione di particelle submicroniche e atomi di Fluoro ha consentito il micro riciclaggio delle celle riducendo lo strato resistente alla corrosione di TiO2 sulla parte superiore dei wafer”.
Quindi i ricercatori hanno eseguito un’incisione chimica ma con tempistiche molto più rapide di quelle attuali. Tre minuti di soluzione basica, hanno permesso di rimuovere le impurità di Alluminio liberando il 70% in peso di Argento dai wafer ed evitando al contempo la perdita di Silicio. L’Argento e lo Stagno rimanenti sono stati estratti utilizzando un seconda fase di incisione tramite mezzo acido da 10 minuti. Cosa è rimasto? Wafer di silicio ad alta purezza (99,7% e oltre in peso).
Il materiale è quindi stato impiegato per produrre wafer di carburo di silicio beta (β-SiC).