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Raccontando l’agrovoltaico

Abbiamo incontrato il presidente della REM, Roberto Angoli che ci ha raccontato perché vale la pena credere nella forza delle idee semplici

Correva l’anno 2008 quando sei imprenditori decisero di unire le rispettive conoscenze e know-how per dar vita ad un nuovo modo di produrre energia a zero emissioni.  E’ nata così la R.E.M., Revolution Energy Maker S.p.A, società fondata con l’obiettivo di realizzare grandi impianti collettivi che possano produrre l’energia verde per i consumi attuali e per quelli della futura mobilità elettrica. A raccontarci spirito e mission dell’azienda che oggi meglio esprime la congiunzione tra settore agricolo e quello fotovoltaico è il presidente e co-fondatore Roberto Angoli.

 

Parlare di REM con Angoli significa affrontare un viaggio nel sistema energetico mondiale, raccontare un’avventura ancora in fase di start up ma che ha tutti gli ingredienti per crescere. “Contiamo molto nella forza del nostro progetto, soprattutto nella semplicità che sta alla base di questa intuizione. L’agrovoltaico nasce da una semplice osservazione: non si possono sottrarre terreni alla produzione agricola, non possiamo contrapporre la “natura” a se stessa. Energia solare e produzione agricola sono una ricchezza naturale che non può essere messa in concorrenza”. Per questo qualche anno fa nacque l’idea, anche grazie ai progressi tecnologici, di installare pannelli solari in “alto”, lasciando la produzione agricola a livello del terreno. “Ma l’idea vincente, però, è quella di rendere il tragitto dell’energia prodotta a chilometro zero, per usare una terminologia in voga in questo periodo. L’utilizzo dell’energia nel luogo in cui questa è prodotta permette di avere un costo finale della stessa più basso rispetto a quello tradizionale realizzato dalle rinnovabili, e per questo competitivo”. Del resto nel mercato dell’energia, come nella produzione di tanti altri beni, il passaggio dal prodotto all’utente finale prevede l’azione di diversi soggetti che naturalmente fa levitare il costo unitario. Per capirci, se ognuno di noi potesse acquistare energia direttamente dal produttore, il costo unitario sarebbe molto basso e le rinnovabili non competitive senza gli aiuti governativi. “Rem e l’agrovoltaico, invece, prevedono l’utilizzo dell’energia in loco, da parte degli stessi agricoltori. In questo modo, saltando i vari passaggi della filiera, il costo finale è vantaggioso, anche senza aiuti statali”.

In questo senso, REM auspica un cambiamento del mercato dell’energia, che attualmente è in mano a pochi grandi produttori; “se i prezzi diventano interessanti, perché non pensare di diventare produttori autonomi?”, si chiede Angoli. REM sta sviluppando ulteriormente la propria tecnologia, in modo da rendere ancora più valida la proposta. “Produciamo energia sostenibile, sia dal punto di vista economico che ambientale… io confido nella forza di questa idea semplice e rispettosa dell’ambiente”.

 

Questo vuole dire (una buona notizia per quanti credono nelle rinnovabili) che, qualora vengano in futuro tolti gli incentivi alla produzione di energia da fonti alternative, REM è pronta alla sfida, ed ha anzi progetti di sviluppo, sia dal punto di vista tecnologico che, soprattutto, di spazio da coprire: “Finora ci siamo messi alla prova con tre impianti pilota, che hanno permesso una produzione limitata. Siamo pronti a misurarci con ulteriori e più estesi appezzamenti di terreno, in grado di produrre energia ad un costo ancora più basso, visto che i costi fissi sono praticamente uguali, indipendentemente dalla grandezza del terreno interessato.”

Per questo REM è alla ricerca di mercati dove la loro tecnologia non è ancora applicata e dove soprattutto il terreno agricolo è considerato un bene da salvaguardare, come per esempio in Israele o in Giappone. In questi mercati ci sono sbocchi che permettono di realizzare impianti di grandi dimensioni, perché costano meno, sono più semplici ed è più facile trovare una copertura finanziaria.

 

L’agrovoltaico, con ormai qualche anno di esperienza sul terreno, appare anche una tecnologia matura, ma con la necessità di spiegare bene la propria “vision”, soprattutto ai cittadini, utenti finali di questa piccola rivoluzione. “Stiamo provando a illustrare a cittadini e comunità locali la portata della nostra tecnologia. Partecipiamo a seminari per far conoscere che cosa sta facendo l’industria del sostenibile, ma ancora non riusciamo a travalicare il confine degli addetti ai lavori. Ci auguriamo che in occasione dell’Expo 2015, quando il mondo guarderà all’Italia con maggiore attenzione, tutto il nostro Paese sia in grado dare risposte e presentare progetti che permettano anche di guardare al futuro con maggiore ottimismo. L’Italia è ancora un paese in grado di produrre eccellenze, innovazione e suggerire idee. Da parte nostra siamo pronti”.