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PNIEC Italia: gli obiettivi 2030 su rinnovabili ed emissioni

Il Piano Nazionale Energia Clima (PNIEC) dell'Italia acquista la sua dimensione definitiva. Tra i target 2030, un 39,4% di rinnovabili sui consumi finali, che si alza al 63,4% considerando solo la domanda elettrica

PNIEC Italia: gli obiettivi 2030 su rinnovabili ed emissioni
PNIEC Italia 2030. Via depositphotos

Il Governo Meloni ha consegnato il 1° luglio 2024 alla Commissione europea il nuovo PNIEC Italia, il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima. Il documento nelle sue 491 pagine rivede e aggiorna il testo approvato nel 2019, provando ad alzare gli impegni energetico-ambientali per il 2030. Un rimaneggiamento necessario alla luce di quanto richiesto dalle nuove norme comunitarie, ma che non convince fino in fondo. Sia sotto il profilo emissivo che quelle delle energie rinnovabili.

Per capire nel dettaglio la portata degli impegni nazionali riversati nel nuovo PNIEC 2024, è necessario fare qualche passo indietro.

Cosa è il PNIEC 2030?

Il PNIEC, acronimo di Piano Nazionale Integrato Energia e Clima, è lo strumento richiesto ai paesi UE per definire politiche e misure per il raggiungimento di obiettivi chiave. Tali target, fissati al 2030, sono:

  • una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra;
  • una quota minima di energia rinnovabili nei consumi;
  • un miglioramento dell’efficienza energetica;
  • un migliore sviluppo delle interconnessioni elettriche.

Istituiti dal Regolamento UE 2018/1999, i Piani devono coprire il periodo 2021-2030, ma tenendo conto della prospettiva a più lungo termine. Cosa contengono obbligatoriamente? Innanzitutto una panoramica della procedura seguita per definire il PNIEC stesso. Quindi una descrizione degli obiettivi, dei traguardi e dei contributi nazionali alle dimensioni dell’Unione dell’energia e alla decarbonizzazione. Riportando misure e interventi per raggiungerli.

Il lavoro è iniziato ben sei anni fa. I Ventisette hanno consegnato le prime bozze all’inizio del 2019 con l’obiettivo di essere valutati dalla Commissione europea. Quindi hanno fatto proprie le raccomandazioni dell’Esecutivo UE, oresentando il testo definitivo alla fine dello stesso anno.

Ma nel giro di poco i target comunitari su energia e clima, bussola per i percorsi nazionali al 2030, sono cambiati. Da qui la necessità di rimettere mano al PNIEC Italia e a quello degli altri Stati membri per riallineare le politiche, e due nuove deadline. Quella del 30 giugno 2023, per la consegna a Bruxelles della bozza di PNIEC aggiornata e quella del 1° luglio 2024 per il testo definitivo.

PNIEC Italia, i target 2030 sulle rinnovabili

Sul fronte delle energie rinnovabili il Piano Energia Clima del 2024 riporta un obiettivo del 39,4% sul consumo finale lordo di energia. Si tratta di 9,4 punti percentuali in più sul PNIEC 2019. Stimando nel dettaglio per quella data 43 Mtep da FER su 110 Mtep totali consumati. A titolo di confronto le rinnovabili italiane nel 2023 coprivano circa il 19,9% dei consumi energetici finali.

L’obiettivo risulta ulteriormente differenziato tra i diversi segmenti elettrico, termico e trasporti.

Settore elettrico, target 2030

Nel settore elettrico la quota di consumi coperta dalle fonti rinnovabili dovrebbe arrivare entro il 2030 al 63,4% trainando tutto il comparto delle FER. Questo significherebbe una produzione elettrica rinnovabile al 2030 di circa 237 TWh, comprensivi di circa 10 TWh destinati alla produzione di idrogeno verde.

Obiettivi di crescita delle rinnovabili 2030 nel Piano energia clima dell'Italia

PNIEC 2030: la nuova capacità rinnovabile

Cosa significa questo in termini di potenza installata? Il nuovo Piano nazionale per l’Energia e il Clima riporta una capacità rinnovabile in esercizio di 131 GW sommando il contributo di eolico, fotovoltaico, idroelettrico, geotermico e delle bioenergie. Una dato, vale la pena sottolineare, di circa 36 GW più elevato di quello PNIEC 2019, ma che sembra sottostimare di molto le possibilità nazionali. Basti pensare che di questi 131 GW attivi solo 74 GW sarebbero nuova capacità costruita in questi anni. Un valore addirittura inferiore all’obiettivo di sviluppo inserito nel Decreto Aree idonee (80 GW).

Pniec Italia 2030, i target per le rinnovabili elettriche

Ma vediamo nel dettaglio il contributo di ogni fonte rinnovabile al target 2030 del PNIEC Italia.

  • Per l’energia solare il Governo ha fissato una capacità installata totale di 79,2 GW di cui 80 MW di solare a concentrazione. Escludendo il contributo del termodinamico – che appare in netto calo rispetto al testo del vecchio PNIEC – il fotovoltaico crescerebbe di 57 GW
  • Per l’eolico si parla di 28,1 GW in esercizio al 2030, di cui 2,1 GW di impianti offshore. In altri termini il segmento dovrebbe installare 17 GW di nuova capacità.
  • Cresce il contributo di idroelettrico e geotermia rispetto al Piano precedente, con un obiettivo di capacità in esercizio, rispettivamente, di 19,4 GW e 1 GW. Rivisto al ribasso invece l’apporto delle bioenergie al settore elettrico con un potenza installata di 3,2 GW (al momento siamo oltre i 4 GW).

Il testo riporta anche un riferimento esplicito alle tecnologie innovative sottolineando un obiettivo (compreso nei 131 GW) di oltre 5 GW di nuova capacità. La lista elenca l’eolico galleggiante, il fotovoltaico floating, l’agrivoltaico, le energie marine e la geotermia avanzata.

Le rinnovabili termiche nel PNIEC Italia 2030

Nel settore termico il Piano Energia Clima 2030 riporta una quota del 35,9% di rinnovabili termiche sui consumi totali di energia per riscaldamento e raffrescamento. In termini assoluti si prospetta che i consumi da FER tocchino i 17,6 Mtep a fronte di una domanda complessiva di 49.1 Mtep. “Si precisa  – si legge nel testo – che la RED III porta a individuare per l’Italia un target settoriale al 2030 pari al 29,6%“. Valore “che sale al 39,1% se si considerano gli incrementi indicativi previsti […] dalla medesima direttiva”.

Guardando nel dettaglio dei consumi finali, si evidenzia come le bioenergie la facciano da padrone coprendo 7,4 Mtep. Segue l’energia ambientale con 5,2 Mtep, il biometano (3,1 Mtep), il solare termico (699 ktep), il geotermico (208 ktep) e l’idrogeno (315 ktep). Ma per il conseguimento del target nel nuovo PNIEC Italia 2024 appare “possibile” anche il contributo del recupero di calore di scarto (450 ktep).

PNIEC Italia 2024, i target per le rinnovabili nei trasporti

Nel settore trasporti la quota dei consumi complessivi di energia per trasporto coperta da fonti rinnovabili risulterebbe invece pari al 34,2%. Entrando nel dettaglio dei vari contributi il Piano Nazionale Energia e Clima dell’Italia prevede:

  • per i biocarburanti di prima generazione, ossia quelli single counting, un incremento in termini assoluti da circa 98 ktep al 2022 a 977 ktep nel 2030. Per un 2,3% del consumo complessivo dei trasporti;
  • per i biocarburanti avanzati un obiettivo intorno al 11,6%, sopra pertanto al target specifico previsto dalla RED III (5,5%) al 2030;
  • per l’elettricità da FER consumata nel settore trasporti, il PNIEC Italia 2030 prevede un contributo della mobilità elettrica pari a 0,6 Mtep (2,4 Mtep considerando il coefficiente premiante);
  • per il trasporto su rotaia circa 0,6 Mtep circa il 2% dei consumi settoriali complessivi.
  • per i carburanti rinnovabili non biologici (RFNBO) il testo prevede un contributo almeno pari al 2% dei consumi settoriali complessivi.

Emissioni di gas serra, i nuovi obiettivi del PNIEC Italia 2030

L’Italia non rispetterà la maggior parte degli obiettivi di riduzione delle emissioni climalteranti e degli assorbimenti di gas serra richiesti dagli impegni europei. Le politiche per il taglio delle emissioni si suddividono in 3 grandi ambiti:

  • quelle regolate dall’Emission Trading System (ETS) europeo,
  • quelle soggette all’Effort Sharing Regulation (ESR) UE, e
  • quelle normate dal regolamento LULUCF sugli assorbimenti di carbonio nel settore dell’uso del suolo, del cambiamento di uso del suolo e della silvicoltura.

Il testo definitivo del PNIEC 2030 inviato a Bruxelles dal governo Meloni afferma chiaramente che sarà rispettato solo il target delle emissioni ETS. Per quelle ESR e gli assorbimenti LULUCF, invece, gli obiettivi nazionali del Piano restano piuttosto distanti da quelli comunitari, in entrambi gli scenari formulati (entrambi al 2030, uno in base alle politiche vigenti e l’altro in base agli effetti delle politiche in programma).

Il loro mancato rispetto era già previsto nella bozza del PNIEC inviata alla Commissione a luglio 2023. Il governo ha modificato, non sempre al rialzo, gli obiettivi del Piano, senza però seguire appieno le raccomandazioni dell’esecutivo europeo.

Questo è lo specchietto sinottico che riassume gli obiettivi del PNIEC 2030 dell’Italia su emissioni e assorbimenti:

Emissioni ETS, obiettivo superiore a quello UE

L’unico ambito dove l’Italia si impegna a rispettare, superandolo, l’obiettivo europeo è quello delle emissioni di gas serra soggette al sistema ETS, ovvero il comparto energetico e la grande industria. La revisione dell’ETS ha fissato il target comunitario a -62% di emissioni rispetto ai livelli del 2005. Attualmente (dati 2022), l’Italia ha concretizzato una riduzione del 45%. Nello scenario di riferimento a politiche attuali, nel 2030 il governo stima una traiettoria che ci porterebbe a -58%, dunque insufficiente per centrare i target UE. Lo scenario che incorpora le politiche in programma, tuttavia, prevede che si arrivi fino al -66% entro il 2030. Come?

In parte grazie alle politiche introdotte dal 2021 a oggi, tra ripresa post-Covid e provvedimenti legati alla guerra in Ucraina e alla crisi energetica. La bozza 2023 del PNIEC assegnava infatti a questi scenari, rispettivamente, obiettivi del -55% e -62%. La quota maggiore deriverà dalla transizione del comparto energetico, mentre sui settori hard-to-abate l’Italia si attende cali emissivi residuali. Per cemento, calce e acciaio, si legge nel PNIEC 2030, le emissioni “non sono facilmente comprimibili in quanto direttamente proporzionali alle quantità prodotte”. Un contributo arriverà dal ricorso a combustibili solidi secondari (ottenuti dalla componente secca dei rifiuti non pericolosi, sia urbani sia speciali) e dalle sperimentazioni su idrogeno e biometano.

Su questi obiettivi non insiste l’incertezza legata alla creazione, a breve, del “gemello” dell’ETS, ovvero il mercato del carbonio parallelo per edifici e trasporti. Le emissioni da queste fonti, infatti, continueranno a essere contabilizzate sotto il capitolo ESR.

Emissioni ESR, il PNIEC 2030 dell’Italia non chiude il gap

Tutt’altro orientamento è quello scelto dal governo Meloni per le emissioni soggette all’Effort Sharing Regulation, ovvero quelle generate da trasporti, residenziale, terziario, industria non ricadente nel settore ETS, rifiuti e agricoltura.

Questo capitolo del PNIEC prevede una riduzione dei gas serra del 29,3%, sui livelli del 2005, entro il 2030, in base alle politiche vigenti. Incorporando anche quelle in programma, il taglio arriva a fine decennio a -40,6%. Un dato ben inferiore a quello – vincolante – stabilito per l’Italia dalla revisione del regolamento ESR, secondo la quale il Belpaese dovrebbe arrivare a -43,7%. Il nuovo PNIEC ha rivisto al rialzo gli obiettivi rispetto alla bozza di luglio 2023, dove nel migliore dei casi si ipotizzava di ridurre le emissioni ESR del 37,1%.

La maggior parte delle riduzioni di emissioni ESR sarà conseguita “nei settori trasporti e civile”, cioè edifici. Sono infatti quelli “meno influenzati dalla situazione economica”, per i quali “non risultano riduzioni significative delle emissioni a partire dal 2013”. Ed è proprio agli scarsi o nulli risultati su veicoli e edifici che sono riconducibili gli sforamenti dei target ESR per il 2021 e 2022 (rispettivamente, 4,6 e 5,5 MtCO2eq).

Se, al 2030, l’Italia non rispetterà il target comunitario assegnatole, dovrà acquistare – spendendo miliardi – quote di emissioni dai paesi UE più virtuosi. Sempre ammesso che ve ne sia la disponibilità, considerando che anche altri paesi cercheranno di accedere a questo strumento di flessibilità, a partire probabilmente dalla Germania.

Le misure per l’edilizia

Come realizzare il taglio del circa 40% fissato per il 2030? Per l’edilizia, il governo cita misure di accelerazione nel ritmo di efficientamento degli edifici esistenti, più riqualificazione profonda, più diffusione di pompe di calore e sistemi BACS per quanto riguarda residenziale e commerciale. E ancora, tra i provvedimenti da adottare nei prossimi anni, nuovi strumenti per il coinvolgimento dei privati e del settore pubblico nella riqualificazione del parco edilizio esistente nazionale.

Emissioni dei trasporti: un’avversione malcelata per le auto elettriche

Sul fronte trasporti, il PNIEC 2030 dà la priorità a: promozione dello shift modale da mobilità privata a quella condivisa/pubblica, e “progressiva diffusione dei biocarburanti e di mezzi caratterizzati da consumi energetici ridotti e da emissioni di CO2 molto basse o pari a zero”. L’elettrificazione dei trasporti – caposaldo di qualsiasi politica europea e non solo su questo tema –  è quindi presente ma con un ruolo secondario o tutt’al più “complementare”. Sugli EV, il PNIEC 2030 stima “una diffusione complessiva di quasi 6,5 milioni di veicoli ad alimentazione elettrica al 2030 di cui circa 4,3 milioni di veicoli elettrici puri (BEV)”.

Altre riduzioni dovrebbero essere poi conseguite riducendo la domanda di mobilità privata con politiche di favore per smart working e svolgendo una valutazione sulla riduzione delle giornate lavorative a parità di ore lavorate. Un contributo è previsto anche dalla digitalizzazione (per ridurre gli spostamenti fisici), promozione della mobilità dolce e degli strumenti per la pianificazione della mobilità.

Rifiuti

Sul capitolo rifiuti, la spina dorsale delle politiche al 2030 resterà l’obiettivo del 60% di differenziata a fine decennio, da cui il governo si attende una riduzione “relativamente significativa delle emissioni”. C’è poi l’affidamento sulle misure che discendono (o discenderanno) dalla Strategia Nazionale per l’Economia Circolare, approvata a giugno 2022. Vi rientrano, tra gli altri aspetti, tracciabilità dei rifiuti, riciclo e utilizzo di materie prime secondarie, un nuovo sistema di tassazione dei rifiuti, il diritto al riutilizzo e alla riparazione, criteri ambientali minimi sugli appalti.

Agricoltura

Il PNIEC 2030 riconosce il ritardo del settore nel contribuire alle riduzioni di gas serra. Il comparto agricolo, inoltre, è stato “solo marginalmente influenzato” dalla produzione di biogas e dalla riduzione/cambiamento nell’uso dei fertilizzanti. Per abbattere le emissioni di metano, protossido di azoto e ammoniaca, il PNIEC Italia 2030 fa riferimento a una serie di iniziative e piani già predisposti, tra cui:

  • il codice nazionale indicativo di buone pratiche agricole per il controllo delle emissioni di ammoniaca,
  • il protocollo di intesa che istituisce il “piano d’azione per il miglioramento della qualità dell’aria”, del 2019,
  • la limitazione delle pratiche di raggruppamento e abbruciamento di materiali vegetali nel luogo di produzione,
  • la politica agricola comune (PAC) 2021-2027.

Nel testo non c’è traccia di misure aggiuntive né di orientamenti che differiscano da quelli già considerati oggi. Che, come sottolineato dal PNIEC, non hanno finora dato segnali tangibili di un’inversione di tendenza nelle emissioni di agricoltura e allevamento.

Assorbimenti LULUCF, il grande assente

Anche sul fronte degli assorbimenti, l’Italia non intende rispettare il target europeo che prevede, al 2030, una sottrazione di 35,8 MtCO2eq l’anno. Gli obiettivi fissati dal PNIEC Italia 2030 parlano di -28,4 MtCO2eq a fine decennio. Un rilassamento ulteriore rispetto ai target, più ambiziosi, fissati nella bozza di luglio 2023, dove si arrivava a sfiorare il target UE con 34,9 MtCO2eq.

Non solo: la Commissione aveva raccomandato all’Italia, l’anno scorso, di “includere misure aggiuntive nel settore LULUCF, descrivendone in dettaglio tempistiche e portata e quantificandone gli impatti attesi”. Il testo definitivo del Piano non ne reca traccia. Le uniche misure incluse sono già in essere, e includono:

  • il piano nazionale di contabilizzazione forestale,
  • la strategia forestale nazionale per il settore forestale e le sue filiere,
  • il registro pubblico dei crediti di carbonio volontari del settore agroforestale (lo strumento dovrebbe valorizzare le pratiche di gestione agricole e forestali che migliorano gli assorbimenti e che si aggiungono a quelle prescritte dalle norme UE)
  • il regolamento UE Carbon Removal Certification Framework approvato lo scorso marzo, anche questo uno strumento che tocca solo iniziative volontarie.

Confermato il ricorso alla cattura e stoccaggio della CO2 (CCS)

Il PNIEC Italia 2030 conferma la novità, già presente nella bozza del 2023, riguardo la CCS. L’Italia si doterà di una capacità di cattura e stoccaggio della CO2 sfruttando giacimenti esauriti di gas e acquiferi salini. Qual è il potenziale dello stoccaggio geologico in Italia? Il Piano cita i numeri relativi ai giacimenti di Eni, che per l’offshore arrivano a 750 MtCO2 tra il mare al largo di Ravenna (già disponibile) e alcuni siti nello Jonio (dove lo storage però non potrà partire prima del 2040). Mentre sullo stoccaggio geologico onshore le cifre battono sulle 100 MtCO2 tra Ravenna e la Sicilia. Per gli acquiferi salini, citando diversi studi, il PNIEC stima una capacità teorica di 5.000 MtCO2.

Al momento, l’unica operazione di CCS con storage geologico in attività è un programma sperimentale presso Ravenna che coinvolge Eni con una capacità di 0,025 MtCO2 l’anno. La fase 2 del programma dovrebbe portare a una capacità di 4 MtCO2 l’anno entro il 2030.

Al 2030, 4 MtCO2 evitate tramite CCS?

Il PNIEC non dettaglia un vero obiettivo al 2030 per la CCS. L’unico riferimento in tal senso è la cifra di 4 MtCO2, ma circondata da parecchia incertezza: “Al 2030 tenuto conto delle attuali stime sul profilo temporale della capacità di iniezione nel sito di stoccaggio di Ravenna, degli sviluppi infrastrutturali attesi si stima di poter catturare 4 Mt di CO2 da emettitori dei settori industriali Hard to Abate, dell’incenerimento dei rifiuti e della produzione termoelettrica a gas localizzati nel bacino padano e alcuni grandi poli industriali dislocati in corrispondenza di infrastrutture portuali del paese”.

Il PNIEC 2030 si limita più che altro a fare riferimento alla stima potenziale contenuta nella Strategia Italiana di Lungo Termine sulla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, dove si parlava di 20-40 MtCO2 cumulative entro il 2050. Accogliendo una richiesta della Commissione, il testo definitivo del Piano fornisce una stima dei cluster industriali che potrebbero essere coinvolti nell’adozione di tecnologia CCS, e le relative emissioni. Il Piano cita, a strascico, industria hard-to-abate, inceneritori, idrogeno blu, termoelettrico, BECCS e DACCS.

L’unico elemento più concreto citato nel testo è un’indagine di mercato svolta da Eni e Snam quest’anno, relativa al trasporto e stoccaggio di CO2 industriale verso il sito di Ravenna. Da cui emergono manifestazioni di interesse – non vincolanti – pari a 30 MtCO2 l’anno. Per i siti industriali del Centro-Sud, distanti dall’hub nell’alto Adriatico, l’unica opzione plausibile indicata è il trasporto via mare della CO2 catturata.

PNIEC Italia, Efficienza Energetica al 2030

Allineandosi agli obiettivi dell’Unione Europea, l’Italia dovrà assicurare un miglioramento in termini di efficienza energetica almeno del 32,5% entro il 2030. Il PNIEC Italia individua nell’ambito civile e nei trasporti le priorità di intervento, sia per via dell’elevato margine di riduzione di questi due settori, sia per le sinergie necessarie per il conseguimento degli altri sfidanti obiettivi in materia di emissioni ESR e quote rinnovabili da conseguire negli usi termici e trasporti. 

Sulla base della flessibilità introdotta dalla direttiva EED III ed in seguito alle richieste imposte dalla Commissione europea dopo la verifica degli scenari nazionali di consumo finale indicati dai Paesi nelle rispettive bozze di Piani nazionali Integrati Energia e Clima, l’Italia avrà un limite di consumo di energia finale pari a 93,05 Mtep al 2030 ed un limite per l’energia primaria di 115 Mtep al 2030. Interiorizzando l’effetto sulla riduzione dei consumi delle misure pianificate ed attuate, il Belpaese stima un consumo finale pari a circa 102 Mtep al 2030 ovvero superiore a quanto richiesto. Come sottolinea il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima le quote mancanti dovranno essere raggiunte valutando ulteriori misure nei settori ESR di pari passo con gli obiettivi di riduzione delle emissioni.

I risparmi energetici da realizzare entro il 2030

Il PNIEC 2030 fissa un target di risparmio energetico cumulativo pari a 73,42 Mtep nel periodo compreso tra il 2021 ed il 2030, confermando le previsioni preannunciate nel luglio 2023 e con un incremento rispetto ai 51,4 Mtep previsti dal precedente PNIEC.

Una quota di tali risparmi energetici cumulativi sarà realizzata a partire dalle famiglie in condizioni di povertà energetica, i clienti vulnerabili e, se del caso, le persone che vivono negli alloggi sociali.  

Il parco immobiliare, il grande responsabile 

Come precedentemente accennato i target di efficienza energetica e la riduzione dei consumi definiti dal PNIEC Italia viaggiano di pari passo con l’efficienza di due settori particolarmente rilevanti: quello edilizio e quello dei trasporti.

Nel primo caso l’ambiente costruito è purtroppo responsabile di circa il 44% dei consumi finali di energia e del 26% delle emissioni dirette dei settori ESR del 2022. Ecco perchè il PNIEC 2030 definisce come “necessaria” una riduzione significativa dei fabbisogni energetici degli edifici attraverso interventi di riqualificazione profonda, e attraverso un incremento della diffusione di sistemi tecnici altamente performanti come le pompe di calore e i sistemi BACS. La quota energetica maggiore dovrà essere soddisfatta da fonti rinnovabili, sia termiche che elettriche.

Che il settore civile sia tra i più “energivori” ormai è un dato di fatto, basta osservare la percentuale di edifici vetusti ed inefficienti in confronto alla totalità degli alloggi.

In Italia, complessivamente sono presenti (dati ISTAT 2021) più di 13 milioni di edifici, dei quali circa 1,57 mln ad uso non residenziale (11%) e 12,42 mln ad uso residenziale privato che coprono una superficie di oltre 3 miliardi di mq. Purtroppo oltre il 60% del parco edilizio ha più di 45 anni, ovvero risulta costruito prima dell’approvazione della Legge sul risparmio energetico. Questo dato conferma il campione raccolto dal portale SIAPE, secondo il quale il 55% degli Attestati di Prestazione Energetica del residenziale risulta nelle classi meno performanti (F e G). Dato che scende leggermente (40%) per il settore non residenziale. Al non residenziale ed al civile, si aggiunge poi una quota pari a circa 209 milioni di mq di edifici di servizio pubblico non vincolati che saranno potenzialmente oggetto di efficientamento energetico.

Ridurre i consumi medi del parco immobiliare

Prima di elaborare una strategia di efficientamento è però necessario conoscere lo stato dell’arte del patrimonio immobiliare costruito a livello nazionale. Quale indicatore del consumo energetico, il PNIEC Italia utilizzato il kWh/m2 anno, riferito alla superficie utile dell’edificio. Si scopre così che:

  • il settore residenziale viaggia tra un consumo totale compreso tra i 160 ed i 180 kWh/m2 anno,
  • mentre il settore non residenziale ha un range compreso tra i 150 kWh/m2 anno delle scuole fino ad un picco di ben 598 kWh/m2 anno nel caso dei supermercati.

PNIEC Italia, l’obiettivo è un tasso di riqualificazione del 2% entro il 2030

Entrando nel merito degli interventi di riqualificazione necessari il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima parte con la sua analisi dalla recente revisione della Direttiva EPBD, Energy Performance Building Directive. Questo testo europeo ha introdotto dei target specifici per raggiungere la decarbonizzazione totale del parco immobiliare entro il 2050. Come sottolinea il PNIEC 2024, per assicurarci di arrivare preparati all’obiettivo emissioni zero, sarà però necessaria una revisione della Strategia di lungo termine per la ristrutturazione del patrimonio immobiliare la cui ultima revisione risale al PNIEC 2020. 

Allo scopo di traguardare al meglio i target 2030 e 2050, e conoscere lo stato attuale del patrimonio edilizio oggetto di riqualificazione, è stato elaborato un indicatore specifico chiamato “tasso virtuale di ristrutturazione profonda”. Questa definizione è indispensabile per armonizzare tutti gli interventi, considerandoli in maniera proporzionata. Allo stato attuale infatti, gli incentivi fiscali come Ecobonus e Bonus Casa, permettono di effettuare anche interventi di efficientamento più semplici, come la sostituzione degli infissi. Gli immobili oggetto di tali interventi non possono essere considerati ristrutturati al pari di edifici sui quali si è intervenuti con ristrutturazioni profonde. Per questo motivo si è optato per un tasso virtuale di ristrutturazione ovvero “il tasso di riqualificazione che si avrebbe se tutti i risparmi ottenuti fossero derivanti da ristrutturazioni edificio-impianto”.

Al momento il PNIEC Italia identifica questo tasso come pari allo 0,85%, a fronte di un risparmio energetico di 0,332 Mtep/anno.

L’obiettivo sarà arrivare ad un tasso di riqualificazione annuale complessivo del 2% nel 2030 e di 2,6% nel 2050

Il testo appena inviato a Bruxelles definisce inoltre una tabella di marcia da raggiungere entro il 2050 scomponendo gli obiettivi di riqualificazione tra residenziale e terziario:

  • Per il Residenziale il tasso di riqualificazione dovrà raggiungere l’1,9% nel decennio 2020-3030, salendo al 2,7% per i successivi due step 2030-2040 e 2040-2050.
  • Il terziario invece dovrà garantire un tasso di riqualificazione annuo di 2,8% per il periodo 2020-2030, e del 2,6% per 2030-2040 e 2040-2050.

Al fine di raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione al 2050 ed adeguarsi alla Direttiva EPBD “Case Green”, il PNIEC Italia appena inviato a Bruxelles ricorda inoltre il necessario aggiornamento del decreto ministeriale sui requisiti minimi di prestazione energetica degli edifici. Il testo è al momento al vaglio della Conferenza Unificata, valutazione che precede l’adozione formale del provvedimento.

Incentivi e misure finanziarie per la riqualificazione edilizia

Le preannunciate novità in tema di incentivi fiscali contenute nella prima formulazione del PNIEC Italia 2030 presentate a luglio 2023, sono riportate nel testo inviato a Bruxelles senza alcuna modifica. Quella che era stata venduta come un’”imminente riforma” dei bonus edilizi, oggi lascia un po’ di amaro in bocca essendo trascorso un anno senza alcuna novità capace di regolarizzare la complessa situazione delle detrazioni fiscali che dovrebbero incentivare le riqualificazioni edilizie.

Complessivamente il PNIEC 2024 dell’Italia, per rispettare l’obiettivo della direttiva efficienza energetica per i regimi obbligatori si avvarrà dello schema d’obbligo basato sui Certificati Bianchi e di un set di misure alternative perlopiù già attuate, che saranno oggetto di revisione e potenziamento nei prossimi anni al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Tra queste rientrano anche il Conto Termico, il Piano di Transizione 5.0, il Programma per le PA PREPAC, alcune misure del PNRR, il Fondo Kyoto e le detrazioni fiscali per gli interventi di riqualificazione energetica e recupero del patrimonio immobiliare. 

Nel capitolo dedicato a queste ultime, il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima 2030 conferma le scadenze fissate per il 2024 per Superbonus, Ecobonus, Bonus Casa, Bonus Mobili, Sismabonus ed altri bonus. Il futuro, a partire dal 2025, resta vago ed identificato con una riforma del quadro normativo che riguarda congiuntamente tutti gli aspetti interessati, prevedendo una modulazione dei benefici in funzione delle performance generali raggiunte dall’edificio, da ottenere attraverso interventi con vari livelli di priorità.

La riforma dei Bonus edilizi

Secondo il PNIEC Italia, tale riforma dei Bonus edilizi dovrà avere durata decennale e rispondere agli obiettivi sfidanti soprattutto per il residenziale, ed essere quindi:

  • indirizzata agli immobili oggetto della Direttiva “Case Green” (prime case, unità immobiliari con classe energetica bassa, situazioni di povertà energetica ed edilizia residenziale pubblica, etc.);
  • garantire benefici distribuiti in un massimo di 10 anni;
  • ammettere interventi sia singoli, sia di riqualificazione energetica profonda;
  • garantire i benefici ridotti per gli interventi singoli e, per gli interventi di riqualificazione energetica profonda, benefici crescenti in funzione della performance energetica raggiunta.
  • garantire costi massimi specifici omnicomprensivi sia per singoli interventi, sia per interventi di riqualificazione energetica profonda, di semplice verifica e univoci per l’intero territorio nazionale;
  • essere affiancata da strumenti finanziari di supporto, ad esempio finanziamenti a tasso agevolato, anche a copertura totale dei costi di investimento, e cessione del credito, con condizioni di favore per le persone in condizioni di povertà energetica. In tale ambito, sono in previsione anche l’individuazione di sinergie con la riforma del Fondo nazionale efficienza energetica.

In questo modo potremo puntare ad un risparmio complessivo cuulativo dal 2021 al 2030 pari a circa 32,5 Mtep di energia finale.

Scarica QUI il testo del nuovo PNIEC 2030 definitivo

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