(Rinnovabili.it) – Il futuro di film e design potrà anche essere scritto nella tecnologia 3D ma quando parliamo di elettronica e pannelli solari ultrasottili, l’ultimo trend della ricerca è saldamente ancorato al 2D e più precisamente ai semiconduttori bidimensionali. Uno dei più recenti progressi in questo campo ha come protagonista il disolfuro di molibdeno (MoS2), materiale 2D comunemente usato nei lubrificanti e nelle leghe metalliche e negli ultimi anni finito sotto la lente degli studi optoelettronici. A compiere nuovi passi in avanti sono stati gli ingegneri dell’Università di Buffalo. Un team della facoltà di ingegneria dell’Ateneo ha posizionato un singolo strato di molecole di MoS2 sulla parte superiore di una struttura fotonica chiamata nanocavità ottica, composta da ossido di alluminio e alluminio.
Questi piccolissimi buchi (la loro dimensione è inferiore ad un centesimo dello spessore di un capello) si comportano come una sorta di specchi, intrappolando al loro interno la luce e riflettendola milioni di volte. Applicati ai pannelli solari ultrasottili significherebbe riuscire ad aumentare la quantità di fotoni assorbiti dal semiconduttore senza aumentarne peso e spessore in maniera significativa. “La nanocavità che abbiamo sviluppato ha differenti potenziali applicazioni”, spiega Qiaoqiang Gan, ingegnere elettronico dell’Università di Buffalo. “Potrebbe potenzialmente essere utilizzata per creare pannelli solari più efficienti e flessibili, e fotorivelatori più veloci”. In tal senso un singolo strato di MoS2 è vantaggioso perché, a differenza grafene, la sua struttura è simile per bandgap ai semiconduttori utilizzati nelle luci a LED o nel fotovoltaico.
L’industria ha tenuto il passo con la domanda di dispositivi optoelettronici sempre più piccoli, più sottili e più potenti, in parte, riducendo le dimensioni dei semiconduttori utilizzati in questi dispositivi.
Per quelli nati con l’obiettivo di catturare l’energia però è rimasto il problema dell’efficienza: i semiconduttori più sottili non capaci di assorbire la stessa quantità di luce di quelli convenzionali. Gli scienziati potrebbero ora aver eliminato quel compromesso che sembrava regolare la capacità intrinseca di assorbimento ottico dei semiconduttori ultrasottili in relazione al loro spessore. Negli esperimenti effettuati dal team, infatti, la minuscola struttura ha dato prova di riuscire ad assorbire circa il 70% della luce proiettata su di essa, alla lunghezza d’onda di 450 nm.