(Rinnovabili.it) – Un nuovo approccio per la cattura dell’energia solare potrebbe migliorare l’efficienza delle attuali tecnologie fotovoltaiche a base di silicio di quasi 20 punti percentuali. A metterla a punto, gli ingegneri del MIT alle prese con il problema di gap di banda. Come è noto le celle solari in silicio possono sfruttare solo alcune lunghezze d’onda della luce incidente; in altre parole “non possono approfittare di tutti i fotoni”, spiega il ricercatore Evelyn Wang. Questo perché convertire l’energia di un fotone in energia elettrica richiede che il livello di energia di quest’ultimo corrisponda a quello caratteristica del materiale fotovoltaico. Per far fronte a questa limitazione, il team del MIT ha inserito sulla cella un dispositivo assorbitore-emettitore a due strati realizzato con nanotubi di carbonio e cristalli fotonici. Questo materiale raccoglie energia da un ampio spettro di luce solare; durante il processo si riscalda, emettendo luce di una particolare lunghezza d’onda, che in questo caso è sintonizzata con il bandgap della cella fotovoltaica.
Il concetto alla base della ricerca viene studiato da diversi anni, poiché in teoria i cosiddetti sistemi solari termofotovoltaici (TFV) potrebbero fornire una valida strada per aggirare un limite teorico sulla efficienza di conversione energetica dei dispositivi fv basati su semiconduttori. Tale vincolo, chiamato limite di Shockley-Queisser, impone un tetto massimo del 33,7 per cento sull’efficienza, ma Wang sostiene che con sistemi TFV, “l’efficienza sarebbe significativamente più alta – potrebbe essere idealmente andare oltre l’80 per cento”. Gli scienziati hanno già prodotto un primo dispositivo di test con un rendimento misurato di 3,2 per cento, convinti di poter raggiungere con ulteriori miglioramenti, il 20 per cento di efficienza: “abbastanza per avere un prodotto commercialmente valido”.