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Microlenti 3D per spianare la strada al fotovoltaico a punti quantici

microlenti pannello soalre
Creative Commons Zero – CC0

Microlenti 3D flessibili e celle solari a punti quantici nel futuro del fotovoltaico integrato

(Rinnovabili.it) – Quando di si tratta di sceglie la tecnologia perfetta il fotovoltaico in edilizia, ci si trova ancora oggi davanti ad un bivio. Le tradizionali celle solari in silicio cristallino sono pesanti e ingombranti e occupano molto spazio per produrre energia. Al contrario il film sottile offre versatilità e flessibilità, adattandosi a qualsiasi integrazione, ma si scontra con efficienze di modulo molto più basse rispetto i pannelli tradizionali, a causa un upscaling meno maturo. La ricercatrice e ingegnere elettronico Susanna Thon, della Johns Hopkins University, sta lavorando ad un potenziale compromesso: celle solari in grado di coniugare convenienza ed efficienza, offrendo nel contempo una nuova opzione al fotovoltaico integrato.

“Se vuoi installare impianti solari nelle città, dove è effettivamente necessaria l’energia, dovresti poter utilizzare tecnologie ad alta efficienza per ridurre la quantità di superficie di cui hai bisogno per generare una quantità ragionevole di elettricità. Ma sono troppo costose”, spiega Thon sul magazine dell’ateneo. “E non puoi usare i materiali più economici, perché non funzionano così bene su larga scala”. La soluzione ideata dalla ricercatrice e dal suo team consiste nell’accoppiare celle solari a punti quantici colloidali (colloidal quantum dots – CQD) a microlenti in silicio stampate in 3D.

 

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La tecnologia del fotovoltaico CDQ sfrutta, per la conversione luminosa, minuscole strutture su scala nanometrica, formate da un semiconduttore con una determinata banda proibita incluso all’interno di un altro semiconduttore con banda proibita più grande. Utilizzare i quantum dot in soluzione colloidale è vantaggioso poiché offre la possibilità di “mescolarne” assieme diversi, di differenti grandezze, e riuscire quindi ad assorbire un ventaglio maggiore di lunghezze d’onda. Il tutto in pochissimo spazio e con minuscole quantità di materiale. Il problema? L’efficienza non le rende ancora un prodotto pratico. Per aumentare la resa arrivano in aiuto le microlenti 3D di Thon, scalabili, convenienti e appositamente progettate per questi nuovi modelli di celle solari. 

 

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I concentratori solari tradizionali usano grandi lenti e specchi per raccogliere la luce e focalizzarla su un’area più piccola. Il gruppo ha ripreso questo concetto concetto trasformando gli specchi in lenti grandi quanto un pollice e prodotte con una plastica leggera contenente silicio. “Abbiamo miniaturizzato l’intero design”, spiega l’ingegnere, sottolineando come l’invenzione possa portare ad un aumento fino a 20 volte o più della potenza.

Gli scienziati hanno stampato griglie composte da questi microconcentratori, realizzando le lenti con un polimero siliconico flessibile. Il risultato è un sottile strato trasparente, che ricorda la forma di un cartone per uova invertito, da incollare direttamente sopra il fotovoltaico. Thon e il suo team hanno depositato un brevetto per il loro progetto iniziale e ora stanno lavorando per migliorare la tecnologia di raccolta della luce solare diretta e indiretta. Gli ultimi risultati sono stati pubblicati qui (testo in inglese).

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